La lunga sospensione dovuta alla pandemia che ci auguriamo sia al suo epilogo non si esaurisce solo con un gioioso ritorno alla vita di tutti i giorni. Il nostro modo di stare al mondo, infatti, non si ripresenta tale e quale a come l’avevamo lasciato. Alcune importanti novità potrebbero lasciare un segno sul nostro futuro: le abitudini di vita, le attitudini e le aspirazioni di molti si stanno infatti modificando. Non esiste solo la gioia di riabbracciarsi, di tornare a mangiare fuori, a cinema e a teatro, ad ascoltare musica e ballare e riprendere a viaggiare. Parallelamente, sottotraccia, si manifestano delle nuove e profonde aspirazioni legate e originate soprattutto da un’evidente riscoperta del bisogno di riattivare il contatto con la natura. Si tratta di un fenomeno di enorme rilevanza perché condizionerà più velocemente di quanto immaginiamo il modo di vivere, abitare e di rapportarsi con il mondo esterno.
Sicuramente l’urgenza di affrontare l’emergenza ambientale rappresenterà il catalizzatore di questo processo ma la pandemia è stata vissuta da moltissimi come un punto di svolta, un elemento di consapevolezza che porterà a nuovi atteggiamenti virtuosi per difendersi dalla natura che si ribella ma anche per assecondarla, avvicinarla e conoscerla meglio. Il dato nuovo è che non parliamo solo dell’effetto delle grandi strategie globali decise dai governi centrali per contrastare il ‘global warming’ ma di una spinta dal basso generata dai nuovi bisogni di riconciliazione con la natura che potrà trasformare le nostre esistenze. Ecco alcuni esempi di ciò che sta già accadendo:
· La voglia di vivere più a contatto con la natura sta già rivoluzionando le tipologie dell’abitare orientando una nuova domanda e quindi il mercato immobiliare. La progettazione architettonica e paesaggistica stanno cercando di prefigurarsi nuovi modelli per la vita indoor e soprattutto outdoor. Giardini e orti pensili, riutilizzo e trasformazione a verde delle coperture degli edifici, terrazzi, balconi ma soprattutto loggiati esterni, patii, cortili e cavedi valorizzati dal verde e fruibili.
· L’esigenza di rendere più vivibili i luoghi in cui si abita, si lavora, ci si cura, si studia, si fa sport e si socializza soprattutto nelle grandi metropoli sta condizionando pesantemente le politiche urbane concentrate a intervenire sul degrado (soprattutto delle periferie), sulla mancanza di natura e sulle isole di calore, orientando gli interventi nella creazione di nuovi spazi e sistemi verdi e verso il recupero e la trasformazione edilizia limitando invece nuove costruzioni e così la cementificazione dei terreni.
· La nuova modalità del lavoro a distanza sembra rendere possibile un vero e proprio ribaltamento del paradigma ormai dato per scontato dell’urbanizzazione progressiva con lo sviluppo di città sempre più grandi e conseguente spopolamento, decadimento, degrado e incuria del nostro territorio con tutte le sue ricchezze. La città rimarrà probabilmente centro nevralgico dell’economia ma le persone hanno già iniziato a pensare di poter vivere e lavorare anche fuori e si sposteranno sempre più dai grandi agglomerati redistribuendosi sul territorio che così potrebbe ritornare a vivere e fiorire. In questo modo si potranno ricollocare le risorse in modo più equilibrato e si tornerà a valorizzare il patrimonio presente fuori dai grandi centri abitati. Anche le seconde case potranno trasformarsi in molti casi in prime abitazioni con conseguenti investimenti legati al loro adeguamento e valorizzazione
· Chi viaggia non fantastica più solo di mete esotiche ed esclusive confezionate ad hoc come fossero il punto più alto a cui aspirare ma inizia a riavvicinarsi alla riscoperta del paesaggio anche più prossimo con modalità diverse dal lungo viaggio in aereo e in autostrada che esclude tante possibili scoperte: agriturismi, riscoperta dei borghi in abbandono, del turismo a tema e di tutte le ricchezze anche naturali celate nel territorio. Ma anche riscoperta del turismo lento: a piedi riscoprendo i vecchi tragitti, in bicicletta o in treno per ferrovie minori.
Tutto ciò ci fa immaginare un futuro nuovo e carico di speranze. Pensiamo però quante responsabilità un tale scenario assegna agli architetti che dovranno creare nuovi edifici ma anche recuperare l’esistente rivalorizzandolo, agli urbanisti che dovranno riprogettare le regole del territorio e ai paesaggisti che con agronomi, botanici, naturalisti, geologi e forestali dovranno migliorare e conservare il paesaggio forse più bello del mondo, valorizzare con il verde i luoghi in cui si vive, pensare a vere e proprie iniezioni di natura nel tessuto urbano utilizzando il genius loci insieme a nuove tecniche d’intervento.
Un auspicio che ci fa fantasticare su quante meravigliose realtà, nuovi interventi, nuove formule e quanta bellezza questa rivista potrà mostrare nel prossimo futuro raccogliendo tutti questi stimoli in un percorso attraverso ville, giardini, borghi rinati, paesaggi, trasformazioni urbane inaspettate, meraviglie turistiche e culturali, itinerari e suggestioni giocate tra architettura, verde, design e arredo.
Emanuele Bortolotti, AG&P greenscape
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