Un altro grande protagonista del design italiano del 900 se ne è andato. Questa mattina, infatti, è morto Enzo Mari, 5 volte Compasso d’Oro Adi. Autore di oltre 1500 tra mobili, complementi e progetti grafici, che resteranno nella storia del design italiano e non solo. Le sue opere sono esposte nei principali musei di arte e design del mondo: Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, Museum of Modern art di New York, Triennale Design Museum di Milano. Enzo Mari ha donato il suo archivio, composto dai progetti realizzati dal 1952 al 2015 al Comune di Milano.
Ed è proprio il sindaco di Milano che, tra i primi ha rilasciato una dichiarazione di commiato sui social. “Con Enzo Mari se ne va un gigante del design italiano del Novecento” ha commentato Giuseppe Sala. “Un artista di fama mondiale, creatore di icone leggendarie, cinque volte Compasso d’Oro, un maestro che con la sua riflessione teorica ha formato generazioni di designer. Milano lo ricorderà sempre”.
Enzo Mari, gli inizi
Nato Cerano, in provincia di Novara, il 27 aprile 1932, Enzo Mari ha frequentato a Milano l’Accademia di Brera dal 1952 al 1956 e nella città del design ha trascorso tutta la sua vita. Ultimato il percorso di studi di letteratura e arte, ha approfondito i temi della psicologia e della percezione visiva. Nel 1957 presentò il suo primo progetto a Danese Milano, iniziando una collaborazione con una delle aziende più innovative nel panorama del design italiano che lo ha portato a realizzare molti prodotti di successo, tra i quali il gettacarte In attesa, il vassoio Putrella e i calendari Formosa e Timor. La sua grande amicizia con Bruno Munari ispirò per lo stesso produttore 16 animali.
Per un design etico
Impossibile scegliere all’interno della produzione di Enzo Mari i progetti più significativi. Se ne possono citate solo alcuni tra i più noti: le sedie Sof Sof per Driade, Tonietta disegnata per Zanotta e Delfina per Rexite (premiata nel 1979 con il Compasso d’Oro). Ma anche oggetti da cucina come le posate Piuma (Zani&Zani), lo spremilimoni Squeezer (Alessi) e le pentole Copernico. Tra i complementi, la maniglia Stilo per Olivari, il portaombrelli Eretteo e l’appendiabiti Togo per Magis. In ogni suo progetto era presente una componente estetica, sobria ed elegante, e una teoretica, volta a indagare la funzione sociale degli oggetti di design. Per questo rifiutava decisamente l’immagine del designer-intellettuale, astratto e distaccato dal mondo. “Io so solo che appena una cosa deve venire prodotta”, affermava, deve essere venduta, è merce”.
Anche se, come ha sottolineato Hans Ulrich Obrist “ciò che lo infastidiva di più era che il mondo del design puntasse al profitto. Voleva liberarsi di questa idea di guadagno, di commercializzazione, di industria, di marchi, persino di pubblicità. Perché, secondo Mari, il design è tale soltanto se comunica anche conoscenza” e quindi “l’etica è l’obiettivo di ogni progetto”.
Un punto di vista sul design che probabilmente trova la sua espressione più chiara nel 1974 con la pubblicazione di “Proposta per un’autoprogettazione“, edito da Corraini, un manuale per la realizzazione di mobili con semplici assemblaggi di tavole grezze e chiodi.
Enzo Mari, maestro del design italiano celebrato
alla Triennale di Milano
Pochi giorni prima della scomparsa ha inaugurato “Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli”. Un’importante mostra a lui dedicata dalla Triennale di Milano, a cura di Hans Ulrich Obrist, notissimo critico e curatore d’arte contemporanea. Un’occasione per continuare ad ammirare e cercare di capire le opere di oltre 60 anni di attività di Enzo Mari, maestro del design italiano, fino al 18 aprile 2021.
Laura Losi