Gli aceri giapponesi sono sicuramente il gruppo di piante più usato nei giardini. Sono stati selezionati per più di 300 anni fino a ottenere una moltitudine di forme e colori, con differenze intraspecifiche notevoli, così da soddisfare quasi tutte le esigenze. Variano di dimensioni, colore, forma, portamento e utilità, ma a differenza di molti alberi e arbusti, le foglie sono le vere protagoniste con i loro colori accesi e la gran varietà di forme.

Aceri, un incredibile numero di cultivar

Sotto il nome di acero giapponese si intendono non solo gli aceri provenienti dal Giappone ma anche tutte le cultivar di 23 specie di aceri di cui alcune sono endemiche del paese nipponico, altre delle regioni attigue: Acer palmatum, Acer japonicum, Acer rufinerve, Acer shirasawanum, Acer capillipes ad esempio sono giapponesi, Acer pseudosieboldianum, Acer sieboldianum, Acer buergerianum, Acer crataegifoliumAcer pictum subsp. mono e Acer truncatum hanno invece avuto origine in zone limitrofe ma esterne al Giappone.

Acer crataegifolium 'Veitchii' ©Alessandro Biagioli
Acer crataegifolium ‘Veitchii’ ©Alessandro Biagioli

Storia degli aceri giapponesi

I giapponesi sono famosi e ammirati in tutto il mondo per la loro capacità di selezione mossa da una particolare ricerca del bello e della perfezione, basti pensare, oltre agli aceri, ad azalee, camelie, ortensie, crisantemi e bonsai.
Sicuramente la forte tendenza genetica dell’acero ad avere mutazioni e variazioni ha aiutato i primi selezionatori giapponesi a sviluppare un gran numero di cultivar già nel periodo Edo (1603-1867). È appunto dalla metà del XVII secolo fino alla fine del XIX che gli aceri giapponesi raggiunsero il loro picco di popolarità con cultivar molto ricercate da collezionisti e giardinieri.

Aceri, una storia antichissima

Libri di giardinaggio del 1733 menzionavano 36 varietà di Acer palmatum ma già 20 anni dopo il loro numero era salito a 64 per arrivare nel 1882 a 202 tra varietà e cultivar. Dal 1900 l’interesse scemò e le cultivar meno interessanti non furono più propagate e se ne persero le tracce, 30 anni dopo il catalogo giapponese “Angyo Maple Nursery” ne elencava 219. A causa delle guerre mondiali, l’arboricoltura ornamentale subì un arresto, molte aree dedicate alla selezione e alla propagazione furono utilizzare per la produzione primaria e molte piante di altissimo pregio furono abbattute per usarne il legname.
Soltanto negli anni 60 l’interesse per questa specie si riaccese e la selezione ripartì con lo sviluppo di nuove varietà e la ripresa della propagazione di alcune cultivar antiche, fino ad arrivare a oggi con oltre 250 cultivar a disposizione di aceri giapponesi.

La variegatura delle foglie

Sia in primavera che in autunno è possibile trovare foglie che vanno dal verde acceso semplice o variegato, ai toni ruggine, cremisi o mandarino. Molte cultivar di Acer palmatum, ad esempio, presentano foglie rosse di varie tonalità (motivo per il quale si è erroneamente generata la credenza che acero giapponese e acero rosso siano sinonimi), mentre quelle di varietà come ‘Asahi zuru’, ‘Kasen nishiki’, ‘Oridono nishiki’, ‘Beni shidare Tricolor’ si distinguono per i colori delicati con variegature che vanno dal bianco al rosa e al verde.

I fiori quasi assenti

Sicuramente la quasi assenza dei fiori non pesa quando ci si trova davanti alle cultivar ‘Corallinum’, ‘Karasu gawa’ e ‘Matsugae’ che possono essere coltivati come arbusti con foglie verdi dalle variegature rosa o bianche. Nessuno rimane indifferente al rosso brillante di cultivar come ‘Beni komachi’, ‘Chishio’, ‘Seigai’ o ‘Shin deshojo’.
Tra le forme e colori più insoliti troviamo le foglie della cultivar ‘Higasa yama’ che appare leggermente chiusa in sé stessa con variegatura rosa ai margini mentre le foglie di ‘Tsuma gak’ assomigliano a mani dalle lunghe unghie rosse.

Una sola parola per descrivere molte varietà

Nella lingua giapponese con il termine “fu” si descrivono le differenti variegature nelle foglie degli aceri giapponesi  e partendo da questa parola si riescono a indicare quasi tutti i tipi esistenti:

  • Fukurin fu (fuku, “copertura” e rin “anello” o “cerchio”), variegatura di diverso colore lungo il margine esterno della foglia, usato se la marcatura è uniforme;
Tsuma gaki (amoneum) ©Alessandro Biagioli
Foglia di Acer palmatum ‘Tsuma gaki’ (amoneum) ©Alessandro Biagioli
  • Fukurin kuzure (kuzure “irregolare”), variegatura irregolare di diverso colore lungo il margine esterno della foglia;
  • Goma fu (goma “seme di sesamo”), piccole screziatura verde su foglie bianche (ubu fu) di solito come macchie piuttosto piccole;
  • Haki homi fu (haki homi “spazzolato”), variegatura simile a una spazzolatura di colore bianco o giallo sul tono di base della foglia;
  • Hoshi fu (hoshi “stella” o “stelle”), delicate variegature chiare ed irregolari su foglia verde., come nella cultivar Acer pictum ‘Hoshi yadori’;
  • Itofukurin fu (ito “filo”), variegatura stretta lungo il margine;
  • Kiri fu (kiri, “tagliato”), metà foglia variegata e metà normale;
  • Shin fukurin fu (shin “profondo”), profonda marcatura variegata intorno al bordo;
  • Sunago fu (sunago “sabbia”) e Shimo furi fu (shimo “gelo” e furi, “sparso”) indica punti o piccole screziature (simile ad Hoshi fu ma più piccole) che coprono la maggior parte o tutta la superficie della foglia, spesso in modo indistinto;
  • Sunagofukurin (sunago “sabbia”), macchioline o punteggiatura solo ai margini;
  • Tsuma fukurin fu (tsuma “chiodo”), variegatura non uniforme ma più marcata alla punta del lobo: possono essere bianche (tsuma jirô “unghia bianca”) o rosse (tsuma beni “unghia rossa”);
  • Ubu fu (ubu “ingenuo” o “vergine”), variegatura che copre quasi tutta la foglia, o una foglia completamente bianca, come nella cultivar di Acer buergerianum ‘Nusatori yama’ oppure ‘Izo no odoriko.
izo no odoriko maple ©Alessandro Biagioli
Foglie di Acer palmatum ‘Izo no odoriko’ ©Alessandro Biagioli

Caratteristiche e necessità degli aceri giapponesi

La maggior parte delle cultivar di Acer palmatum e di Acer japonicum possono raggiungere un’altezza di 7 -8 metri in 50 anni, a seconda del luogo e delle sue condizioni. Molte cultivar, specialmente del gruppo Dissectum, arrivano al massimo a 5 metri di altezza mentre tutte le cultivar nane (erroneamente indicate come aceri nani) non superano i 2 metri. Questa crescita limitata colloca la maggior parte degli aceri nella categoria dei grandi arbusti.

aceri giapponesi a Villa Melzi lago di COmo
Una vista del giardino giapponese a Villa Melzi d’Eril, sul lago di Como ©.Ray in Manila (Flickr CC BY 2.0)

Necessità degli aceri a foglia verde

Le varietà e le cultivar a foglia verde possono essere coltivate in pieno sole solo nelle regioni più fresche e sopra i 1000 m slm, perché sotto i raggi del sole e in presenza di temperature elevate possono scottarsi. È meglio quindi scegliere un sito d’impianto che possa garantire ombra almeno dopo il mezzogiorno e irrigare adeguatamente. Alcune cultivar a foglia variegata come A. p. ’Sagara nishiki’ necessitano di ombreggiatura pomeridiana per mantenere le caratteristiche variegature dorate, altre ancora, per esempio alcune cultivar rosse, nonostante non disdegnino luoghi ombreggiati, hanno bisogno di luce piena (preferibilmente la mattina) per almeno una parte del giorno per sviluppare il proprio tipico colore rosso profondo. Altre cultivar a foglia variegata, quali ‘Versicolor’ e ‘Waka momiji’, sono meno esigenti in quanto a esposizione alla luce.

aceri giapponesi
Forma architettonica di un acero giapponese ©Brian Robert Marshall (cc-by-sa/2.0)

Coltivazione

Gli aceri giapponesi sono molto facili da coltivare. Il loro sistema radicale è prevalentemente superficiale e li rende perfetti per abbellire aree difficili in cui è disponibile poco terreno, per esempio, nel caso sia presente uno strato roccia vicino alla superficie. Le giovani piante possono essere scelte e acquistate in vaso oppure a radice nuda se si tratta di individui con età inferiore ai quattro anni o nel caso di piante adulte anche in zolle avvolte in una rete di zinco e da juta. Le piante in vaso possono essere messe a dimora durante tutto l’anno e non presenta shock da trapianto, quelle in zolla preferibilmente nel periodo autunno invernale perché le radici non possono essere esposte all’aria o alla luce diretta del sole per troppo tempo dato che il loro disseccamento potrebbe portare a morte l’intero albero.

La buca d’impianto

La buca d’impianto deve in ogni caso essere leggermente più grande della zolla ed è utile mescolare al terreno un composto organico che nel caso di suoli argillosi aiuterà ad alleggerirli  mentre in suoli sabbiosi favorirà il trattenimento dell’acqua. Per quanto riguarda la profondità, il colletto non deve essere al di sotto della linea del terreno, in caso di suoli pesanti la buca dovrà essere più superficiale per evitare l’asfissia delle radici. L’acero giapponese richiede alcuni anni perché il suo sistema radicale si stabilizzi e riesca a competere per acqua e sostanze nutritive con il resto della vegetazione, perciò è buona norma tenere libera per due o tre anni l’area intorno al tronco. Grazie alla scarsa competitività radicale, dopo questo periodo l’acero riesce a coesistere senza nessun problema con tutte le piante da giardino.

Aceri giapponesi ©Alessandro Biagioli
Aceri giapponesi in giardino in primavera ©Alessandro Biagioli

Temperature

La maggior parte delle cultivar di acero giapponese può sopravvivere anche a temperature di -18°C per quanto riguarda la parte aerea e a -10° C per quella radicale, perciò, è utile la pacciamatura per una protezione invernale in condizione di congelamento prolungato ma anche per minimizzare la perdita d’acqua nei periodi siccitosi.

Suolo

Il terreno ideale è sabbioso, leggermente acido con media o bassa quantità di materiale organico, tuttavia questa pianta si adatta bene a praticamente tutti i tipi di terreni anche se ovviamente in terreni molto sabbiosi o molto argillosi il tasso di crescita sarà leggermente ridotto; in ogni caso è necessario assicurare un buon drenaggio, per evitare ristagni idrici che porterebbero a marciume radicale.

Richiesta idrica

Gli aceri giapponesi non presentano un gran fabbisogno d’acqua che però deve essere costante in quanto un periodo troppo umido o un periodo troppo secco può portare a diversi effetti negativi per la pianta, quali la caduta delle foglie nel primo caso o la loro bruciatura nel secondo. Se il terreno non è particolarmente povero non occorre intervenire con nessuna concimazione, in caso contrario, basterà l’utilizzo di un fertilizzante bilanciato da distribuire una volta l’anno all’inizio della primavera prima che spuntino le prime foglie.

aceri giapponesi
Acer palmatum ‘Beni Chidori’ ©Alessandro Biagioli

https://www.kew.org/kew-gardens/whats-in-the-gardens/japanese-landscape

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