Dialoghi in giardino
C’è chi ogni giorno si fa una bella e sana passeggiata, chi va a giocare a golf, chi va in palestra… la mia palestra è il giardino/orto/frutteto, dove mi impegno a correre dietro ai ritmi stagionali. Si parte con l’inverno, tranquillo, si abbattono piante o parti di esse, si pota, si cerca di eliminare edera e rovi poi, da inizio marzo, tutto procede velocemente ma non mi faccio prendere dall’ansia e vi spiego perché. Durante l’arco dell’anno prendo nota dei lavori che andrebbero fatti e li scrivo su un foglio, due pagine, fronte e retro. Poi se vi è un vincolo di stagione scrivo in testa alla riga il numero corrispondente al mese.
Ogni tanto scorro questi appunti e vien fuori che ci sono lavori che andrebbero senz’altro affrontati e portati a termine come, per esempio, durante il periodo dei Santi, sterrare i tuberi di dalie e le canne d’India e metterli in serra fredda oppure trapiantare una pianta di pregio che rischia di esser sopraffatta da una vicina di minor valore.
Molti altri interventi invece possono esser affrontati anche l’anno successivo come, per esempio, abbattere dei meli poco generosi, ridurre il volume di alcune vecchie camelie che col tempo si sono sformate, o dividere i bucaneve. Per me, e penso anche per voi, il giardino è uno spazio in cui ci si rilassa, in cui si scaricano le tensioni. Evito durante le mie uscite di accanirmi in lavori ripetitivi che possono esser noiosi e nocivi. Piuttosto che impegnarsi a potare dalla mattina alla sera è più saggio rastrellare per 15/20 minuti, potare per un’ora, diserbare per mezz’ora e così via. Con prudenza. In giardino ci si può far male, anche parecchio. Non posseggo e non uso tosasiepi e decespugliatori, tanto meno motoseghe. Se necessario, preferisco “noleggiare” attrezzi e operatore. Sulle scale salgo ad altezze modeste, appena qualche metro, e mentre taglio o sego con una mano mi tengo alla pianta e non alla scala. Le aste telescopiche sono un’ottima invenzione ma è bene operare per un tempo limitato per non sollecitare troppo la zona cervicale dovendo lavorare con il capo rivolto totalmente all’insù.
In giardino, quando sono solo, amo anche fermarmi un momento a osservare. Conosco quasi tutti gli uccelli e il loro canto.
Il verso potente del picchio nero (Dryocopus martius) non lo avevo mai sentito. Ero nel frutteto e lui si posò contro il tronco di una betulla morta che non rimuovo per rispetto della biodiversità. Ero abbastanza nascosto e riuscii a osservarlo per alcuni minuti mentre stava armeggiando sul fragile legno in cerca di larve. Il caratteristico ciuffo rosso sulla testa era poco evidente, forse l’abito era quello di un esemplare allo stadio giovanile. Mi fu poi detto che questa specie ama ampi boschi, proprio quelli che si sono pian piano formati in una vasta zona sopra casa mia tra i 700 e i 1000 di altezza. Consiglio finale. Sulla vostra pagina di ricerca digitale, scrivete ”picchio nero”. Buon divertimento!