Citata da Tucidide che ne attribuì la fondazione agli esuli troiani, gli Elimi, e da Virgilio che qui indicò il luogo di sepoltura di Anchise, il padre di Enea, Erice è una cittadina sospesa tra storia, mito e scienza, perché ospita anche la sede del Centro di cultura scientifica Ettore Majorana.
È in questo borgo arroccato sul Monte Erice, a 750 metri sul livello del mare, sull’estremità sud orientale della vetta, che si trova il Giardino del Balio, un luogo suggestivo e affascinante, con continui riferimenti al passato e al mito di Venere Erycina, dea della mitologia romana che riprende le caratteristiche della dea greca Afrodite. Nel punto maggiormente panoramico e in vista sorgeva un antichissimo tempio, circa del V secolo a. C., successivamente dedicato alla dea dai romani di età imperiale, che divenne un punto di riferimento per i pellegrini e i marinai del Mediterraneo. Sui suoi resti, nel XII secolo, i Normanni edificarono il Castello di Venere, con un ruolo strategico-militare, e in un’area poco lontana, torri e mura imponenti di protezione a difesa del borgo.
Le torri furono dette del Balio, perché nel Medio Evo erano la sede del bajulo, una sorta di giureconsulto che amministrava la giustizia civile e penale e aveva una funzione amministrativa. Il luogo, dopo il XVI secolo, conobbe lunghi periodi di abbandono e incuria fino al 1872, quando il conte Agostino Sieri Pepoli, intellettuale appassionato, collezionista e ricercatore, che aveva viaggiato per il mondo per saziare la sua sete di sapere, giunse a Erice per effettuare scavi archeologici, propio sui ruderi del tempio, e se ne innamorò. Ottenne dal Comune la concessione di restaurare le torri semi-diroccate e si impegnò a ricostruire una torre pentagonale andata distrutta, diventando di fatto il proprietario del complesso.
In base all’accordo stipulato, Pepoli si impegnava a trasformare l’intera area circostante, un ammasso di rovine e vegetazione incontrollata, in un giardino che sarebbe rimasto pubblico, che fu chiamato Giardino del Balio, dove le persone potessero recarsi per passeggiare e godere dello splendido panorama, con lo sguardo che spazia oltre la pianura fino al Canale di Sicilia e le Egadi. Il Comune salvò i resti del suo passato e guadagnò un giardino. Sul versante opposto alle torri del Balio e a una quota inferiore, il Conte fece costruire la Torretta Pepoli, di gusto eclettico e arabeggiante, dove ospitò un cenacolo di artisti, storici, letterati, nel più puro spirito del mecenatismo ottocentesco. I progetti del nobile intellettuale prevedevano anche la sistemazione di aree circostanti e la creazione di un museo in cui esporre i reperti della ricca collezione di famiglia. Gli fu negato il permesso e nel 1884 si trasferì a Trapani, dove costruì il museo, lasciando la proprietà delle Torri al Comune.
Quello che si può ammirare oggi è un parco eclettico di circa un ettaro su più livelli con terrazzamenti raccordati da scalinate e sentieri tortuosi, cinti da siepi di bosso in forma obbligata. Nella parte inferiore si trova un giardino formale, di gusto all’italiana, con quattro spartimenti irregolari, anch’essi delimitati da siepi di bosso, e viali che si incrociano al centro dove si trova una fontana ellittica, chiamata fontana dell’Occhio cosmico. Orientato a Ovest, è il luogo dove alla sera compare il pianeta Venere. Su un lato, una scalinata conduce a una terrazza superiore dove inizia un percorso che conduce fino alle torri e si interseca con altri viali che costeggiano grandi aiuole occupate da alberi maestosi, a formare dei boschetti, e radure esposte alla luce. Le grandi aiuole, viste nel loro insieme, formano un bosco misto di pini, tassi, lecci, querce, allori, ornielli, mandorli, noci, ciliegi giapponesi, Trachycarpus, Chamaecyparis, Phoenix canariensis e Cedrus libani che donano al giardino ombra e frescura. Nel corso del tempo si è anche sviluppata la vegetazione tipica del sottobosco con ciclamini e specie autoctone delle zone dei monti circostanti. Questo bosco rappresenta il tentativo del Conte di riprodurre la natura migliorandola, con apporti di specie esotiche secondo la moda del tempo.
Gli alberi piantati 150 anni fa hanno trovato un loro equilibrio al punto da poter apparire spontanei. Nelle zone vicine alle mura, in mezzo a mirti e pitosfori, sulle rocce esposte al sole si trova una specie endemica, Centaurea erycina, il fiordaliso di Erice dalla corolla rosa lilla. Lungo i percorsi si incontrano radure più ampie, quali una piazzetta con busti degli storici e intellettuali che frequentarono il cenacolo, zone di sosta e vari belvedere che consentono di abbracciare il panorama a 360 gradi e che culminano con la terrazza del Belvedere di Est, sotto alla quale è posta la fontana di Venere. Lo sguardo della dea è rivolto a Sud / Est, dove al mattino il pianete Venere si dissolve alla luce del Sole.
Il Giardino del Balio fa parte del Network Grandi Giardini Italiani
Foto di Dario Fusaro
Courtesy Archivio Grandi Giardini Italiani
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