Atipografia presenta, negli spazi della galleria ad Arzignano (Vicenza), la mostra La Forma delle Parole, personale dell’artista padovano Stefano Mario Zatti, a cura di Robert Phillips e Matilde Nuzzo. La mostra, che apre il programma del 2023 di Atipografia, si tiene da sabato 21 gennaio a sabato 4 marzo 2023. La mostra esplora il percorso artistico di Stefano Mario Zatti proponendo nuove e diverse chiavi di lettura della sua opera.
La forma delle parole propone al piano terra della galleria dodici grandi opere e prosegue al piano superiore con lavori appartenenti alla fase del percorso artistico di Stefano Mario Zatti legato alla transizione tra il concettuale e la sua particolare rappresentazione del verbo come mezzo espressivo. La parola come atto di creazione si pone alla base della ricerca da cui nasce l’esposizione. Essa spazia tra la rappresentazione puramente simbolica di “sangue del mio sangue”, o delle “sindoni”, dove la parola non è elemento mostrato, ma sotteso, come se i sentimenti si tramutassero in grafie e le grafie in sentimenti, fino a opere come “99 nomi” o “mundus” dove proprio l’elemento grafico mostra la parola come atto finale, e fondante, della rappresentazione. Le sue parole sono ombre che occupano piccoli ritagli all’interno di uno spazio assoluto collocati in contesti volutamente silenti e, a tratti, inquieti e oscuri.
Non ritratti o fisionomie isolate nel grigiore di una tela, ma parole o gesti artistici a cui guardare con la consapevolezza delle azioni evocate, piccole tessere che divengono emblemi di un oggetto relazionale, in un processo che non è più soltanto dramma personale, ma viene generalizzato, filtrato dalla distanza fisica ed emotiva dove il paesaggio della rappresentazione viene circoscritto e, apparentemente, soffocato dentro il perimetro delle opere. Il concetto di base che sta al fondo di questa mostra è nato dal confronto tra le varie sensibilità delle persone che accompagnano l’artista nel suo percorso. Discutendo e analizzando il lavoro di Zatti nelle sue diverse declinazioni, in cui spesso la parola scritta è motivo sigla del suo rappresentare, ci si è accorti che al fondo di ogni opera esisteva un narrato, una sorta di bolla latente, che esprime con la scrittura ogni aspetto delle sue opere.
Questa forma di enciclopedia personale, di abaco dell’inconscio, contenuta nei suoi libretti fittamente scritti al limite dell’indecifrabile, rappresenta uno strumento di rappresentazione del verosimile, una sorta di illusione consapevole legata com’è, indissolubilmente, alle suggestioni quotidiane dei concetti che stanno alla base dell’elaborazione del piacere estetico del lavoro dell’artista. Le opere in mostra, nel loro insieme, rappresentano uno dei capi della metafisica dell’assenza dove, il venir meno di punti di riferimento nella realtà, crea un distacco estremo, aiutato dal quasi totale rifiuto del colore, ma dove l’estrema sintesi del fare di Stefano Mario Zatti, liberato com’è da ogni sovrastruttura, trova la sua massima chiarezza rappresentativa. Da artista di grande potenza rappresentativa, Stefano Mario Zatti approfondisce ogni componente della sua propria interiorità, restituendone una forma visibile e superando la banalità della sola rappresentazione fattuale della percezione quotidiana per spingersi oltre le barriere del concettuale e facendosi interprete cosciente, con assoluta integrità e sincerità, di quegli schemi reconditi che stanno alla base di ogni rappresentazione artistica. Le opere esposte sono accompagnate da uno scritto che racconta, in forma poetica ma anche critica, le complesse interazioni che portano alla genesi delle opere dell’artista, mostrando frammenti di memorie che riaffiorano, luoghi dimenticati, ricordi lontani che sono restituiti al lettore come metafore di un percorso difficilmente raccontabile con altri mezzi. Lo scritto è pensato e redatto in forma di colloquio a più voci tra l’artista, Elena Dal Molin e i curatori della mostra.
Stefano Mario Zatti (1983), nato a Padova, vive in provincia di Venezia. Le sue opere nascono dallo studio delle tradizioni spirituali dell’uomo. È nell’intimità personale che le opere dell’artista trovano la loro origine, per arrivare inaspettatamente a una qualche verità, una radice necessaria. Con il progetto Riserva Artificiale, ha partecipato a diverse mostre, tra le quali: “50. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia” (Venezia, 2003); “Emergenze” (Fondazione Pistoletto, Biella, Torino, 2004); “Empowerment. Cantiere Italia, radiografia dell’Italia che cambia attraverso 60 artisti” (Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova, 2004); “Petrologiche” (Galleria A+A, Venezia, 2004). Ha successivamente esposto, con il proprio nome, nell’ambito delle collettive “Achtung” (Accademia di Belle Arti, Vienna, 2006). Dal 2007 la sua ricerca diventa intima e introversa, ma continua. Il risultato è un imponente corpus di lavori suddiviso in 17 mondi che, nel 2016 viene conosciuto da Elena Dal Molin, dando vita ad una prolifica collaborazione che porta prima alla collettiva “Tre anni sulla pietra” (Atipografia ass. cult., Arzignano, 2017) e poi alla sua mostra personale “Ecumene” (Atipografia ass. cult., Arzignano, 2019).
ATIPOGRAFIA Atipografia ad Arzignano, in provincia di Vicenza, riapre nel maggio 2022 con spazi completamente rinnovati e con un progetto culturale inedito. L’antica tipografia arzignanese dà vita a un programma che coniuga la dimensione commerciale con la vocazione culturale, attraverso la duplice azione di una associazione culturale e di una galleria commerciale. Questa dimensione ibrida integra e completa il lavoro che Elena Dal Molin ha condotto per anni a sostegno e sviluppo delle arti e degli artisti, dando vita a un crocevia del contemporaneo nel cuore del Nord-Est. La nuova identità si colloca nel segno della prosecuzione di luogo per gli artisti, per le persone e per le idee che da sempre Atipografia ha voluto disegnare. Mentre infatti prosegue l’attività storica dell’Associazione, iniziata nel 2014 come no-profit per residenze d’artista e progetti site-specific, l’apertura della galleria d’arte contemporanea proporrà una nuova stagione di progetti espositivi e una propria scuderia di artisti di diverse generazioni e provenienza geografica.
Il progetto di Atipografia riprende così il suo corso con una rinnovata energia, scandita anche dagli ingenti lavori di adeguamento funzionale iniziati alla vigilia della pandemia, realizzati dallo studio AMAA che si è occupato del progetto di restauro, realizzando ambienti di grande fascino in cui fare ricerca, esporre, incontrarsi e persino abitare. La mostra personale di Arcangelo Sassolino (1967), Il vuoto senza misura, promossa dall’Associazione, ha inaugurato la riapertura degli spazi rinnovati il 21 maggio scorso. Altre mostre: UNPLUGGED di Mats Bergquist, Gregorio Botta, Mirko Baricchi, Mattia Bosco; LIMBO INCERTO di Denis Riva.