La ‘Venere degli stracci’ di Michelangelo Pistoletto, installazione del pittore e scultore biellese, creò, nel 1976, l’innesco, più o meno ufficiale, di quell’esplosione creativa che il critico Germano Celant ha denominato con l’espressione di arte povera.

L’arte povera in Italia

L’arte povera, in aperta polemica con l’arte tradizionale, si impose come movimento artistico sviluppatosi in Italia nella seconda metà degli anni sessanta del 900. Gli esponenti del movimento, come suggerito dal nome, privilegiavano l’utilizzo di materiali ‘poveri’ come terra, legno, ferro, stracci, plastica e scarti industriali. L’intento dichiarato era quello di superare l’idea convenzionale di opera d’arte, depurandola dalla sua accezione classica, sovratemporale e trascendente.

Esposizione Venere degli stracci VilleGiardini stileitaliano villegiardini.it
Esposizione di una Venere degli stracci – Foto @L.Shaull by Flickr CC BY 2.0

La ‘Venere degli stracci’ di Michelangelo Pistoletto

La ‘Venere degli stracci’, in particolare, è una riproduzione di cemento della famosa Venere con mela, opera dello scultore neoclassico Bertel Thorvaldsen, risalente al 1805 e conservata al museo del Louvre di Parigi.

A differenza della Venere di Thorvaldsen, però, la Venere del Pistoletto si rivolge verso un cumulo di indumenti dismessi che, impilati alla rinfusa, formano una sorta di igloo. Da qui la denominazione ‘Venere degli Stracci’.

Dettaglio Venere degli stracci VilleGiardini stileitaliano villegiardini.it
Particolare della Venere degli stracci di Pistoletto – Foto @M.Derksen by Flickr CC BY NC 2.0

Potrebbe suonare come un ossimoro: una dea, la più avvenente dell’Olimpo, accostata a un covone di stracci colorati. Eppure, Venere stessa venne realizzata da Pistoletto con un materiale ‘umile’, come il cemento ricoperto di mica, per rendere la scultura più brillante. C’era quindi una continuità con l’utilizzo della tecnica dell’assemblaggio, privilegiata dall’artista, e il ricorrere a un materiale di scarso valore per riprodurre la celebre statua.

Riflessioni sul consumismo

L’installazione ha evocato una triplice lettura interpretativa. In primis, l’opera è stata inserita nel dibattito sull’inclusione del classico nell’epoca della riproducibilità tecnica. Secondariamente, Pistoletto ha voluto proporre una riflessione provocatoria sul consumismo e sulla produzione di rifiuti ingombranti, tema che alla fine degli anni sessanta è diventato oggetto di attenzione, unitamente alla rinnovata sensibilità per l’ecologia.

L’artista suggeriva di spingere l’ideale del bello artistico ad annusare la vita, il tutto condito da ironia e irriverenza. Era come se Pistoletto volesse immergere il capo di Venere in quel mucchio di magliette colorate, impilate in modo informe, per farle assaporare la magia dell’esistenza, del quotidiano. Cenci umili – a dispetto della perfezione formale della statua – che portavano impressi i corpi delle persone che li avevano indossati.

La fragranza della vita, la vivacità della comunità umana: erano elementi troppo rilevanti da non considerare nell’arte, in un periodo, come quello degli anni sessanta, caratterizzato da profondi cambiamenti socio economici.

M. Pistoletto e la sua opera VilleGiardini stileitaliano villegiardini.it
Ritratto di M. Pistoletto con la sua Venere degli stracci – Foto@Min. Cultura Argentino by Flickr CC BY SA 2.0

Un contesto di grandi cambiamenti sociali

Pistoletto ha realizzato la sua ‘Venere degli stracci’ durante gli anni delle grandi trasformazioni sociali; erano gli anni del boom economico e del conflitto innescato tra capitale e lavoro. Il Sessantotto era alle porte e gli artisti dell’arte povera lo avvertivano con chiarezza: la pittura e la scultura dovevano uscire dalla loro crisalide di perfezione. La stessa ‘Venere degli Stracci venne inghiottita nel marasma travolgente della modernità, mostrando allo spettatore il contrasto netto tra la bellezza classica e il disordine contemporaneo.

Le altre versioni della ‘Venere degli stracci’

Oltre all’opera originale del 1967, Pistoletto realizzò sei versioni della ‘Venere degli stracci’, di cui tre statue, utilizzando dei calchi in gesso, conservate presso la collezione De Bernardi a Napoli, in una collezione privata in Germania e al Castello di Rivoli a Torino, sede del Museo d’Arte Contemporanea.

Nel 1970, l’artista produsse altre due versioni della Venere, utilizzando un calco più grande, alto un metro e sessanta centimetri. Entrambe le opere sono all’estero: al Toyota Museum of Contemporary Art in Giappone e al Hirshorn Museum a Washington. Nell’ultima installazione del 1972, Pistoletto propose invece una statua della ‘Venere dorata’, oggi conservata a Napoli nella collezione Lia Rumma.

Arte povera di Pistoletto VilleGiardini stileitaliano villegiardini.it
Un’opera di arte povera di Pistoletto – Mappamondo di carta di giornale -Foto@J.P.Dalbera by Flickr CC BY 2.0

Per citare lo stesso Pistoletto: “Ho affrontato la scultura come una monumentalità morta, inerte, per metterla in una condizione instabile, senza controllo, peso o significato, resuscitandola, facendola rivivere per concentrarsi sul presente. […] Un artista deve avere il coraggio di scartare tutta la spazzatura della figurazione scultorea, che è stata anche il centro della società in tutte le epoche. È però un rifiuto che, come gli stracci o gli sfregamenti, prende vita propria perché niente può più essere cadavere. […] È come trasformare tutte le sculture in un’unica scultura.”

(M. Pistoletto intervistato da G.Celant, in G. Celant, Pistoletto, catalogo della mostra al P.S 1 Contemporary Art Center, New York, 1988, pp. 186-87)

Laura Pagano

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