Citato dal Vasari, Agostino di Giovanni è stato sculture ed architetto attivo per tutta la prima metà del XIV secolo.
I primi anni
Della formazione di Agostino di Giovanni conosciuto anche come Agostino da Siena o Agostino Senese non abbiamo dati certi. Solo recentemente si pensa, grazie a tratti stilistici simili, che si sia formato nella bottega di Camaino di Crescentino, padre di Tino di Camaino.
Giorgio Vasari riporta che Agostino di Giovanni si sia, invece, formato nella bottega di Giovanni Pisano e che insieme ad altri allievi abbia collaborato alla realizzazione dei portali del Duomo di Siena. Lo storico dell’arte toscano raccontò molto di lui ma è probabile che la fama dell’artista superi di gran lunga l’effettiva produzione artistica.
Sicuramente una delle più antiche notizie certe della sua vita risale al 1310 e si tratta del matrimonio con Lagina di Nese, sorella di un altro artista, da cui ebbe due figli.
La collaborazione con Agnolo di Ventura
Agostino di Giovanni lavorò a lungo con uno dei figli, Giovanni, ma prima sono state documentate altre collaborazioni come con lo scultore Agnolo di Ventura. Sarà con quest’ultimo che realizzò la sua opera più famosa, il monumento funebre di Guido Tarlati dentro il Duomo di Arezzo.
Sempre della coppia viene attribuita la paternità dall’arca dei Santissimi Regolo e Ottaviano del 1320, un tempo nel duomo di Volterra ed ora ammirabile nel Museo dell’Opera sempre a Volterra.
Cenotafio di Guido Tarlati
Quest’opera, completata nel 1330, è stata commissionata dai fratelli di Guido Tarlati vescovo e signore di Arezzo, dopo la sua morte a Agnolo di Ventura e Giovanni di Agostino.
Questo monumento si trovava inizialmente nella Cappella del Santissimo Sacramento e poi spostato nella cattedrale di Arezzo soltanto nel 1783. È da considerarsi uno degli esempi più fulgidi e grandi del gotico italiano per quanto riguarda le opere funerarie.
Il complesso è sostenuto da quattro pilastri ottagonali che terminano oltre il timpano decorato con gattoni rampanti in cui è scolpita l’aquila imperiale. Il timpano sovrasta la cassa funeraria molto sporgente contenuta nella parte superiore anche da un arco a tutto sesto. Sul davanti della cassa sono scolpiti due angeli che mostrano, scostando una cortina, il vescovo sdraiato mentre ai lati sono presenti diversi uomini che omaggiano il defunto.
I bassorilievi
È la parte inferiore quella più riccamente decorata. Vi si trovano, infatti, sedici bassorilievi divisi su quattro fasce che narrano delle principali vicende del signore della città tra allegorie e fatti reali, doveva, infatti, celebrare sia la famiglia Tarlati che la fazione ghibellina. Tra queste è presente la cosiddetta Allegoria del Comune Pelato che doveva criticare il malgoverno dei predecessori di Guido Tarlati in cui si può ammirare il palazzo della Signoria di Firenze scolpito sul modello dell’affresco di Giotto, si narra che lo stesso artista avesse fornito il disegno. Questo basso rilievo presenta una persona anziana seduta sul trono che viene derisa dalla gente che rappresentano le diverse fazioni politiche della città. Questa scena esponeva la necessità per Arezzo di avere un Signore che la governasse così da non incorrere nel rischio di lotte interne.
Porta Romana a Siena
Edificata dal 1327 ed il 1328 la Porta Romana è una delle più antiche porte delle mure di Siena. A costruirla fu il sodalizio Agnolo di Ventura e Agostino di Giovanni che scelsero di munirla di merli e di un antemurale per la difesa.
Un tempo erano presenti anche degli affreschi che abbellivano la porta che però risalgono a metà del XVI secolo. Oggi è possibile ammirali nella basilica di San Francesco.
Altre opere di Agostino di Giovanni
Agostino di Giovanni lavorò molto con il figlio Giovanni. Sono arrivati fino a noi i pagamenti del 1332 successivi alla realizzazione della Cappella Ghini della Pieve di Santa Maria ad Arezzo. L’anno successivo realizzò anche un’altra cappella della stessa zona.
Recentemente gli fu attribuito anche il monumento a Cino dei Sighibuldi nel duomo di Pistoia. Quest’opera era stata originariamente inserita nelle opere di Cellino di Nese a cui però fu soltanto commissionata nel 1337 ma non realizzata.
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