Il Padiglione di Barcellona è stato progettato da Mies van der Rohe perseguendo un ideale ispirato dal Deutscher Werkbund, secondo cui “industria e tecnologia si uniranno con le forze di pensiero e cultura”. Realizzato in occasione dell’Esposizione Universale tenutasi a Barcellona nel 1929, ha espresso i valori della Repubblica di Weimar tedesca e, in quanto sintesi tra forma e tecnica, ha recuperato stilemi classici unendoli a invenzioni moderne.
La descrizione del Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe
Il Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe aveva la funzione ufficiale di sala di ricevimento del re e della regina di Spagna da parte dell’ambasciatore tedesco durante l’esposizione. Pensato come una struttura temporanea, è stato interamente demolito dopo la fine dell’evento nel 1930. Tuttavia, in seguito a una puntuale ricostruzione filologica organizzata da un gruppo di architetti spagnoli tra il 1983 e il 1986, l’edificio è tornato visitabile nello stesso sito in cui l’aveva concepito il maestro del Movimento Moderno. Negli anni ha ospitato molte installazioni di artisti e architetti contemporanei tra cui Ai Weiwei e SANAA, diventando la sede della premiazione del EU Mies Award, un importante riconoscimento europeo nel settore dell’architettura.
La pianta libera
Rielaborando il principio della pianta libera già esposto da Le Corbusier nella Maison Dom-Ino del 1914 e nella successiva Villa Savoye risalente alla fine degli anni venti, Mies ha poggiato la soletta del tetto su otto esili pilastri. In questo modo, seppur alcuni muri assolvevano la funzione di sostegno strutturale, il concetto generale esprimeva un’indipendenza dalle tradizionali pareti portanti. Il telaio ha definito in pianta una griglia rispetto a cui sono stati inseriti liberamente segni rettilinei, in una composizione centrifuga che ricordava i quadri astratti.
I materiali raffinati
La pianta ha prodotto un organismo formato da elementi architettonici arricchiti da materiali di pregio. Il podio su cui è posto l’edificio, rialzato da terra poco più di un metro, è rivestito in marmo di travertino e vi si accede da una breve rampa di scale. Essa è orientata parallelamente all’asse longitudinale della pianta e rivolta verso una grande vasca d’acqua. Adottando una soluzione analoga anche nella contemporanea Villa Tugendhat, progettata da Mies tra il 1928 e il 1930, per giungere allo spazio coperto si deve compiere una rotazione che regala al visitatore l’esperienza della figura d’insieme.
L’ambiente principale è inquadrato da una sottile copertura piana con geometria rettangolare, intonacata di bianco e sostenuta da esili montanti d’acciaio cruciformi cromati. Al forte senso di espressività trasmesso dalle pareti rivestite in onice, travertino, marmo verde, e dai pannelli vetrati con toni dal chiaro al fumé, fa da contrappunto la raffinatezza composta di oggetti di design come la poltrona Barcelona.
L’acqua è un altro materiale della composizione che, con le sue trasparenze e i suoi riflessi, ritma una successione di episodi che culminano nel piccolo specchio d’acqua dove è posizionata la statua bronzea di un soggetto femminile realizzato da Georg Kolbe.
Lo spazio fluido tra interno ed esterno
L’interno è posto in continuità con l’esterno attraverso le superfici riflettenti delle partizioni in onice, marmo verde e travertino nonché dalle trasparenze create dalle vetrate. Il passaggio dal corpo principale del padiglione al piccolo edificio di servizio è accompagnato da una panca in pietra giustapposta al muro di travertino che, disposto in senso longitudinale, unisce le coperture dei due volumi nel dialogo con l’orizzontalità della grande vasca d’acqua.
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