Francesco Borromini nato come Francesco Castelli è stato un architetto italiano e fu uno dei principali esponenti dello stile barocco. È nato il 25 settembre 1599 a Bissone in Svizzera ma è vissuto per quasi tutta la sua vita a Roma, dove morì il 2 agosto 1667. Borromini si assicurò una reputazione in tutta Europa con il suo suggestivo progetto per una piccola chiesa, San Carlo alle Quattro Fontane a Roma. Differì da Gian Lorenzo Bernini e da altri contemporanei nel basare i suoi disegni su figure geometriche piuttosto che sulle proporzioni del corpo umano.
L’incontro con Maderno e i primi lavori
Borromini era figlio di un modesto architetto e iniziò la sua formazione a Milano intorno al 1610. Dopo diversi anni in cui imparò i rudimenti della architettura e della scultura, sentendosi oppresso dalla vita milanese, fuggì a Roma nel 1620 contro il volere dei genitori.
Lì divenne disegnatore e scalpellino nello studio di un suo lontano parente, Carlo Maderno, che si era affermato come architetto alla corte del papa Paolo V Borghese.
Maderno riconobbe rapidamente il potenziale di Borromini soprattutto nell’architettura ed il maestro anziano e il suo giovane allievo lavorarono insieme a stretto contatto.
Una convergenza di entrambi i talenti produsse il progetto della facciata di Sant’Andrea della Valle. Borromini progettò la lanterna della cupola della chiesa. La personalità di Borromini è evidente in questi progetti, anche se ovviamente è lo stile di Maderno a essere quello predominante.
Per il Palazzo Barberini, Maderno determinò un concetto di base, affidando poi a Borromini la realizzazione delle specifiche. Qui progettò lo scalone elicoidale, le porte del salone e alcune finestre incontrando per la prima volta lo scultore ed architetto Gian Lorenzo Bernini.
Collaborazione con Bernini
Maderno morì nel gennaio 1629, tre mesi dopo l’inizio della costruzione di Palazzo Barberini. Fu messo a capo di questo progetto Gian Lorenzo Bernini, coetaneo di Borromini ma di gran lunga più famoso.
La loro collaborazione durò fin quando non fu chiamato come terzo progettista l’architetto Pietro da Cortona. Entrò pesantemente in conflitto con lo stesso Borromini che lasciò il progetto nel 1631.
La progettazione del baldacchino in San Pietro fu affidata alla coppia Bernini – Borromini. Questa opera in bronzo, conclusa nel 1633, può essere considerata la loro più importante creazione nata dalla collaborazione grazie alle enormi volute a forma di S che coronano quattro colonne a cavatappi.
San Carlo alle Quattro Fontane
Il suo primo progetto indipendente fu la chiesa romana e il monastero di San Carlo alle Quattro Fontane, iniziata nel 1638. Nonostante all’interno non fosse più grande delle dimensioni di un singolo pilastro di San Pietro, la piccola chiesa elettrizzò Roma. Dopo la sua realizzazione la reputazione dell’architetto Borromini si diffuse a macchia d’olio in tutta Europa.
Borromini, per la prima volta, ebbe l’opportunità di esprimere la propria personalità artistica. Iniziò con l’impilare insieme tre unità distinte che normalmente sarebbero state impiegate solo in edifici separati.
La chiesa era così costituita da una curiosa zona inferiore ondulata, una zona centrale che suggerisce la pianta standard a croce greca ed una cupola ovale, forma relativamente nuova e ancora poco usata. Questa audace combinazione di precedenti e novità è integrata da complessi ritmi di intreccio. Coraggiosi effetti illusionistici, ottenuti con un’illuminazione calcolata, intensificano lo spazio.
L’ascesa di Innocenzo X
Nel 1644 divenne papa Innocenzo X, al secolo Giovanni Battista Pamphilj che intendeva estromettere completamente la famiglia Barberini. Iniziò sotto il profilo artistico decidendo di favorire Borromini a scapito di Bernini, architetto e scultore della famiglia Barberini.
Le committenze papali erano numerose e Borromini lavorò senza sosta per il decennio successivo.
Progettò parti della villa di San Pancrazio e di Santa Maria in Vallicella. Per le celebrazioni dell’anno giubilare 1650 rifece completamente la basilica di San Giovanni in Laterano che era in cattivo stato di conservazione riportandola agli antichi fasti.
L’architetto Borromini lavorò al palazzo di Propaganda Fide costruendo la facciata e demolendo le parti costruite precedentemente da Bernini progettando la realizzazione della Cappella dei Re Magi.
Nel 1652 divenne l’architetto della chiesa di Sant’Agnese in Agone, già in parte costruita. Borromini diede maggior slancio alla cupola già costruita ideando una facciata concava.
Ultimi anni
Anche alla fine della sua vita, le innovazioni di Borromini continuarono ad essere energiche e radicali. Per la cappella dei Re Magi all’interno del Palazzo di Propaganda Fide, alla quale lavorò fino alla sua morte, progettò sei coppie di pilastri colossali per definire uno spazio rettangolare con angoli smussati.
Negli ultimi anni della sua vita la fortuna di Borromini declinò tragicamente in concomitanza con la morte di molti dei suoi committenti. Gli fu tolta la progettazione di Sant’Agnese in Agone, in Piazza Navona ed anche un altro dei suoi progetti, Sant’Andrea delle Fratte, si fermò. Le estensioni laterali costruite sulla sua facciata di San Filippo Neri portato l’architetto Borromini, particolarmente scosso, a ritornare per un breve periodo in Lombardia.
Tornato a Roma, depresso ed affetto da melancolia, passò intere settimane senza mai lasciare la sua casa bruciando tutti i suoi disegni in suo possesso. Si ferì mortalmente e sul letto di morte decise di farsi seppellire anonimamente nella tomba del suo maestro e amico, Maderno.
Il pensiero di Borromini
Riluttante all’idea di essere soltanto un “copista” dichiarò che l’antichità e la natura erano i suoi punti di partenza insieme all’opera di Michelangelo, rifiutando i motivi compositivi del tempo. Si rivolse a interpretazioni nuove, curiose e meravigliose utilizzando conquiste strutturali romane, come la loro muratura e il loro uso di angoli smussati per i supporti della volta.
Molti, però, non apprezzavano i disegni e i bozzetti di Borromini a causa del suo allontanamento dall’antropomorfismo ed anche molti suoi sostenitori si sentivano a disagio con le sue nuove creazioni.
I suoi pensieri si allontanavano troppo dalle interpretazioni dell’antichità, che erano accettate ed erano standard fondamentali per l’architettura. Situazione paradossale perché lo stesso Borromini era uno studioso accanito ed appassionato del mondo antico. Tuttavia, era nell’aria l’idea che fosse possibile utilizzare e poi progredire oltre le conquiste dell’antichità, e Borromini si identificò fortemente con questo atteggiamento.
Attinse nell’architettura medievale nonostante che in quell’epoca era presente un completo rigetto verso la cultura medievale in toto, considerata corrotta.
Caratteristiche prettamente medievali possono essere considerata l’annullamento del muro, l’uso delle nervature strutturali per rafforzare le volte, le configurazioni geometriche e l’uso di motivi decorativi. Ma è l’uso della luce, che diventa di una grande importanza compositiva, la caratteristica che più avvicina l’architetto Borromini alla cultura architettonica medievale.
Studiò determinate qualità formali che si trovavano sia nell’architettura fiorentina del XV secolo che in quella manierista del XVI secolo, specialmente in quella di Michelangelo. La sua architettura fu di importanza decisiva e suggerì gli esperimenti ancora più radicali. Il modo in cui lo spazio sembrava espandersi e contrarsi in un certo numero di progetti di Michelangelo indicò a Borromini il potenziale dinamico di questo mezzo.
Attento conoscitore dei materiali
Questa ampia selezione di stili fu completata dalla sua comprensione delle strutture e dei materiali. La tradizione artigiana ed i suoi primi anni di formazione a Milano hanno fornito a Borromini una conoscenza approfondita. Tale da affrontare una gamma completa di problemi strutturali dandogli una solida base per il suo virtuosismo tecnico.
Tra queste realizzazioni ci sono: l’attento bilanciamento delle sue torri per la facciata di San Pietro, la gabbia metallica di supporto per una volta a botte nel Palazzo Pamphili in Piazza Navona e la precisa muratura dell’Oratorio di San Filippo Neri. Usò il cantiere come un’estensione del suo tavolo da disegno e come un luogo dove poteva sperimentare. A San Carlo alle Quattro Fontane, per esempio, la curva degli archi che si aprono sulle volte della cappella non avrebbero potuto essere realizzate senza la guida personale di Borromini.
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