Desiderio di viaggiare ed evadere dalla realtà hanno accompagnato Igor Mitoraj per tutta la sua esistenza. Nato nel 1944 in un campo di prigionia tedesco da madre polacca a padre francese, Mitoraj mal tollerava l’incertezza di un presente che riteneva precario e decadente; riversava e risolveva con e attraverso l’arte la propria malinconia. Al riguardo era solito ricordare che aveva “nostalgia di qualcosa di molto bello, di molto semplice, una sorta di paradiso perduto” e che aveva “bisogno di questa bellezza per vivere”. L’arte era quindi per Mitoraj lo strumento per rivivere un’eco di un passato idilliaco e miraggi di una bellezza altrimenti del tutto persa e inaccessibile.
Nello sguardo asettico delle opere, mutuato dalla tradizione classica, si può ritrovare una forma di sofferenza e drammaticità che proprio nel gesto artistico trovano una catarsi risolutiva: “La mia arte” spiegava l’artista “è evidentemente l’espressione artistica di un certo malessere, di un’emozione, di una protezione che lascia la porta aperta all’immaginario”. E forse per questo intendere l’arte come “trampolino” per l’immaginazione e per la costruzione di una nuova memoria universale condivisa che le monumentali opere di Mitoraj danno il meglio di sé quando sono collocate all’aperto: solo così, quasi confuse con il paesaggio, è possibile ammirarle pienamente da una distanza che ci permette e dà il tempo per “completarle” con la nostra fantasia. Del resto l’arte di Mitoraj è in ciò che manca più che in ciò che è rappresentato.
Anche l’ostentata monumentalità di Mitoraj non deve trarre in inganno: non era fine a se stessa, bensì era funzionale al messaggio che l’artista voleva trasmettere. Del resto, nonostante le grandi dimensioni, l’artista amava ritrarre soprattutto frammenti di corpo o corpi mutilati non in grado di stare “fieramente” eretti. Questa grandezza così sfregiata era impiegata dall’artista per riflettere sulla hỳbris e sulla caducità umana, concetti entrambi complementari alla nostalgia per un passato/Eden perduto.
Recentemente la riuscita installazione Il tempo degli Eroi, realizzata sul Belvedere delle Maschere di Viareggio grazie alla Galleria Contini, all’Atelier Mitoraj e al Comune di Viareggio, ha permesso di raccontare in modo esemplare tale aspetto della ricerca artistica di Mitoraj. Icaro, rappresentato come un angelo trafitto e caduto sulla spiaggia, è sintesi del pensiero di Mitoraj ed emblema di un’umanità che non può far altro che continuare a cercare di volare in alto consapevole dell’inevitabile prossima caduta.
Igor Mitoraj nacque il 26 marzo 1944 a Oederan. Dopo aver studiato e trascorso la giovinezza in Polonia si trasferì a Parigi per studiare all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts. Nel 1976 ottenne un grande successo con la sua prima mostra personale alla Galerie La Hune di Parigi. Dal 1983 visse tra Parigi e l’atelier italiano a Pietrasanta. Dopo aver ottenuto il “Prix de la sculpture de Montrouge” partecipò nel 1986 alla XLII Biennale di Venezia.
Negli anni successivi espose nei più importanti musei e ricevette prestigiosi incarichi per la realizzazione di sculture monumentali nelle principali metropoli: a Londra davanti al British Museum, a Parigi a La Défense, ad Atlanta e a Tokyo. Sue opere sono accolte anche dai più importanti siti storici italiani tra cui il Parco archeologico di Pompei e la Valle dei Templi di Agrigento. Negli anni 2000 si dedicò anche alle scenografie e ai costumi di numerose opere, tra cui nel 2009 per l’Aida” di Giuseppe Verdi ai Giardini di Boboli di Firenze.
Igor Mitoraj morì a Parigi il 6 ottobre 2014.
Igor Mitoraj. Il tempo degli eroi.
Spiaggia del Belvedere delle Maschere, Viareggio.
Dal 15 dicembre 2021 al 17 Febbraio 2022