Andrea Palladio è uno degli architetti italiani più noti nel mondo, apprezzato e conosciuto non solo nella ristretta cerchia degli esperti di storia dell’arte e dell’architettura, ma anche dal grande pubblico, che ancora oggi continua a visitare, ammirato, i suoi capolavori. La sua influenza sugli architetti, nei secoli successivi, è stata rilevante, sia in Europa, sia in America, dove tra la fine del 700 e l’800 sarà la principale fonte di ispirazione dello Stile Jeffersoniano (o neopalladiano) che caratterizzerà le architetture di maggior prestigio negli Stati Uniti, dopo il riconoscimento della loro indipendenza. Su tutte, la tenuta di Monticello, progettata da Thomas Jefferson, terzo presidente e tra i padri fondatori degli Stati Uniti. Lo stile palladiano ebbe larga influenza anche in Russia, in particolare a San Pietroburgo, grazie alle importanti realizzazioni di edifici pubblici e privati all’inizio dell’800 di Giacomo Quarenghi, architetto italiano alla corte di Caterina II. Questo grazie alle molte e innovative realizzazioni nel territorio della Repubblica di Venezia, nel corso del 500, in un periodo in cui la potenza e la ricchezza della Serenissima erano ancora rilevanti. Dalle scenografiche ville di campagna per il patriziato veneziano alle architetture civili e religiose a Vicenza e in laguna, queste architetture sono caratterizzate dall’equilibrio tra volumi simmetrici, essenziali e misurati, basati sullo studio dei testi vitruviani e delle proporzioni “auree”, con importanti apparati decorativi di ispirazione classica.
Umili origini
Andrea di Pietro della Gondola nacque a Padova nel 1508, figlio di un mugnaio. In giovanissima età iniziò a lavorare come apprendista da uno scultore locale finchè, all’età di 16 anni si trasferì a Vicenza, dove si iscrisse alla corporazione dei muratori e degli scalpellini. In quel periodo lavorò come muratore in botteghe specializzate in monumenti e sculture decorative nello stile dell’architetto manierista Michele Sanmicheli di Verona. Venne introdotto nei circoli culturali della città dall’umanista Gian Giorgio Trissino, per il quale aveva lavorato come muratore nella realizzazione della villa di Cricoli e che ne aveva intuito il suo naturate talento artistico. Villa Trissino, costruita su una pianta che ricorda i disegni di Baldassarre Peruzzi, un importante architetto rinascimentale, venne realizzata per ospitare un’accademia colta per gli allievi di Trissino, che vivevano una vita semimonastica studiando matematica, musica, filosofia e autori classici, la villa rappresentava un’omaggio all’architetto e teorico romano Vitruvio (attivo dal 46 al 30 a.C.), che Palladio avrebbe poi descritto come suo maestro e guida.A villa Trissino, Palladio ebbe la possibilità di entrare in contatto con gli esponenti della giovane aristocrazia vicentina, alcuni dei quali diventeranno suoi mecenati. Ebbe inoltre la possibilità di studiare le opere manieriste di Michele Sanmicheli e gli edifici alto-rinascimentali di Jacopo Sansovino, la cui biblioteca di San Marco a Venezia era stata iniziata nel 1536. Palladio potrebbe anche aver incontrato un importante architetto e teorico manierista, Sebastiano Serlio, che si trovava a Venezia in quel periodo e il cui terzo e quarto libro sull’architettura saranno per lui fonte di ispirazione durante tutta la carriera. Fu in questo contesto che il Trissino iniziò ad appellarlo con nome classicheggiante di Palladio, chiaro riferimento a Pallade Atena, dea greca protettrice delle Lettere e delle Arti. Sotto la sua guida, Andrea giunse ad intendere l’esercizio dell’architettura come un connubio tra arte, scienza e discipline umanistiche, espressione non solo di estetica e funzionalità, ma anche di una cogente valenza morale.
La formazione culturale e l’influenza
dell’architettura di Roma
In questo periodo iniziò la formazione culturale di Palladio, sotto la guida del Trissino, che accompagnò a Roma in diverse occasioni, dal 1541 al 1549. Qui iniziò la sua ammirazione per Vitruvio, conobbe e studiò i monumenti e le antiche rovine, poco dopo che il Vignola le aveva disegnate per l’Accademia vitruviana. Egli stesso realizzò dei disegni, 350 dei quali conservati oggi al Royal Institute of British Architects di Londra. In questo periodo potè anche aggiornarsi, ammirando i risultati della frenetica attività di rinnovamento architettonico promossa dai Pontefici Giulio II e Leone X, nei primi 20 anni del 500 grazie ai progetti di Bramante, Peruzzi, Raffaello e Michelangelo anche se, l’inflenza di questi architetti sul suo stile architettonico ebbe minore forza rispetto a quella esercitata da Vitruvio, che diventò per il Palladio un riferimento imprescindibile. Riferimenti importanti di questo periodo di formazione culturale furono inoltre la conoscenza dei lavori degli architetti Falconetto, Sanmicheli, Sansovino a Giulio Romano, oltre che la già citata l’elaborazione teorica di Sebastiano Serlio.
I primi progetti: Villa Godi e Palazzo Civena
Verso il 1540 Palladio progetta la sua prima villa, a Lonedo per Girolamo de’ Godi, e il suo primo palazzo, a Vicenza, per Giovanni Civena. Villa Godi ha una pianta chiaramente derivata dlla dimora del Trissino, con srichiami alle tradizionali case di campagna della nobiltà veneziana. Contiene tutti gli elementi dei futuri progetti palladiani di villa: ali simmetriche laterali per le stalle e i fienili e un cortile recintato davanti alla casa. Palazzo Civena richiama invece la tipologia architettonica del tipico di palazzo rinascimentale romano di inizio 500, mentre la pianta richiama quella di Palazzo Canossa del Sanmicheli (c. 1535) a Verona. Una caratteristica innovativa è l’uso della tradizionale pavimentazione ad arcate dell’Italia settentrionale dietro il prospetto principale, un’idea che Palladio ha reinterpretato a imitazione di un antico foro romano.
Andrea Palladio architetto ufficiale
della repubblica di Venezia
Il 1549 fu l’anno della svolta nella carriera di Andrea Palladio come architetto. Il Consiglio dei Cento di Vicenza, infatti, gli commissionò il progetto per la ricostruzione del Palazzo della Ragione (Basilica palladiana), un edificio gotico che il Palladio racchiuse in un involucro classicheggiante, in cui predominava la ripetizione della serliana, un particolare tipo di trifora manierista, spesso utilizzata dal Sansovino, caratterizzata da un’apertura centrale ad arco a tutto sesto affiancata simmetricamente da due aperture laterali trabeate. La Basilica palladiana concilia l’eredità della Libreria Sansoviniana Venezia (1537-60) con le forme presenti nei Sette Libri dell’Architettura del Serlio, come dimostra la finezza e la delicatezza dell’insieme del progetto, dove i contrasti chiaroscurali e volumetrici generano un effetto altrettanto raffinato di quello del Sansovino, senza tuttavia la necessità di un complesso e costoso apparato decorativo scultoreo.
Alla morte del Trissino, Palladio si avvicinò a Daniele Barbaro, coltissimo prelato veneziano con il quale si recò per l’ultima volta a Roma nel 1554. Durante questo soggiorno realizzò i disegni per il volume L’antichità di Roma, destinato a grande successo.
In questo periodo Palladio è impegnato nella realizzazione di tre palazzi. Il primo, nel 1550, è il palazzo Chiericati, in cui estende l’idea di palazzo Civena di un blocco con l’asse parallelo al marciapiede, che avvolge in una loggia, o loggiato coperto. La divisione tripartita del prospetto colonnato, che conferisce all’edificio un preciso fulcro centrale, fu una vera innovazione per quel periodo. Nel 1552 disegnò Palazzo Iseppo Porto, a Vicenza, in cui ha affermato nella forma più chiara la sua ricostruzione di una casa romana. La facciata era strettamente basata sul tipo di palazzo rinascimentale romano, come la Casa di Raffaello di Bramante (c. 1514), che Palladio aveva disegnato durante uno dei suoi soggiorni a Roma. Due sale tetrastili con quattro colonne ciascuna erano poste ai lati opposti di una corte circondata da un gigantesco colonnato di colonne corinzie. Infine, nel 1556, Palazzo Antonini a Udine, con pianta quadrata e una sala centrale tetrastila a quattro colonne e i quartieri di servizio asimmetrici su un lato. La facciata ha sei colonne, che sono attaccate al muro piuttosto che indipendenti e che sono posizionate centralmente su ciascuno dei due piani, sormontate da un frontone a bassa pendenza, un dispositivo che utilizzerà sempre nei suoi progetti per ville suburbane. Ormai la carriera di Andrea Palladio come architetto era in ascesa, ed infatti gli vennero affidate diverse commissioni per la realizzazione di ville di campagna.
Le ville venete di Palladio
Una parte rilevante dell’attività di Andrea Palladio venne dedicata alla progettazione delle ville per il patriziato veneziano nell’entroterra veneto. Dalla metà del 500 infatti divenne un architetto alla moda, chiamato dalle più nobili famiglie per progettare ville di campagna. La tipologia della villa in quel periodo era ormai ben definita, con un edificio principale imperniato su un salone principale circondato da sale di rappresentanza e da letto. Sulla base di questo schema, Palladio sviluppò il suo linguaggio stilistico, fatto di volumi geometrici regolati da precisi rapporti matematici, mutuati soprattutto da Vitruvio, architetto romano del primo secolo d. C, autore del trattato De Architettura. Questi volumi essenziali venivano nobilitati, ogni volta con soluzioni originali, da facciate con trabeazioni giganti e frontoni classici, spesso decorate con stucchi e sculture, che richiamavano l’architettura imperiale romana. Il gusto di Palladio per le forme essenziali che caratterizzarono soprattutto le ville rustiche e suburbane deriva soprattutto dal modello della villa dell’antica Roma, descritta da Plinio il Giovane. Le erronee credenze archeologiche del Palladio, che riteneva le ville romane dotate di portici e frontoni, contribuirono a conferire a queste architetture una dignità che altrimenti non avrebbero avuto. Questo apprendistato archeologico colloca l’architetto vicentino come epigono della triade Bramante – Sangallo – Vignola, e solo di rado la sua produzione sarà inflenzata dal Manierismo.
Quando avvenne, come nel caso del progetto per Palazzo Valmarana, l’ispirazione è soprattutto michelangiolesca, nonostante siano certi i suoi studi su Giulio Romano e a Palazzo Thiene (1445-1450) dimostri una raffinata padronanza del modellato e un trattamento del bugnato mutuato da Giulio Romano. Altre fonti di ispirazione furono alcuni esempi di poco anteriori, come la quattrocentesca Ca’ Brusa e La Villa di Cricoli, che il Trissino aveva progettato nel 1538.
La Rotonda
Interessante anche la sua interpretazione della pianta centrale nel progetto di Villa Capra, costruita attorno a una salone centrale ricoperto da una cupola, dal quale si dipartivano simmetricamente quattro ambienti di forma rettangolare. L’insieme di queste parti, andava a costituire in pianta una forma quadrata, dotata per ogni lato di uno scalone monumentale con pronao, coronato da statue, che va ad aggettare dinamicamente verso l’esterno il volume dell’architettura. Il risultato è una villa con proporzioni armoniche, con quattro facciate, nessuna delle quali assume il ruolo di principale.
Villa Barbaro a Maser (Treviso)
Dimore dedicate all’otium, ma che dovevano rispondere anche a una funzione pratica, di controllo della produttività delle campagne, che garantivano ai nobili fondamentali rendite fondiarie. Il nesso tra la funzione ricreativa e quella economica è spesso evidenziato da ali porticate che collegano l’edificio centrale ai fabbricati rustici. Emblematico a questo riguardo, il progetto per Villa Barbaro, a Maser (Treviso).
Tra gli edifici più lussuosi mai disegnati dal Palladio, la dimora, commissionatagli da Daniele e Marcantonio Barbaro, doveva coniugare funzioni di rappresentanza con altre di natura agricola. Palladio affrontò questa necessità affiancando all’edificio nobile due portici più rustici destinati al ricovero delle attrezzature agricole. Il corpo centrale, invece, è imperniato attorno a uno spettacolare salone a crociera a doppia altezza che fa da perno alle sale ufficiali, disposte attorno ad esso.La facciata principale è scandita invece da un ordine gigante di quattro colonne sormontate da un frontone che ospita uno spettacolare stucco raffigurante l’emblema della famiglia. La dimora è circondata da un grande giardino e da vigneti. Di rilievo anche la decorazione interna ad affresco, curata da Paolo Veronese, in un delicato equilibrio armonico con l’architettura palladiana.
Gli edifici sacri a Venezia
Nel periodo della piena maturità artistica, Palladio venne chiamato a realizzare diverse importanti architetture sacre a Venezia. Il primo progetto di Palladio in laguna fu per la facciata di San Pietro di Castello (1558), che non è sopravvissuto. Intorno al 1560 iniziò a lavorare su commissioni monastiche a Venezia per Santa Maria della Carità, per il refettorio e i chiostri di San Giorgio Maggiore e per la facciata di San Francesco della Vigna, che era stata costruita secondo i disegni di Sansovino del 1534 ma non fu mai terminata.
A queste seguirono le due realizzazioni più rilevanti, San Giorgio Maggiore, sull’isola omonima, e la Basilica del Redentore (1577), alla Giudeccca. San Giorgio maggiore rievoca echi bizantini, soprattutto nella cupola, mentre la facciata, che riprende i classici temi palladiani è una proiezione delle due navate laterali e di quella centrale, sormontata da cupola. In questi due progetti, Palladio introdusse un trattamento della facciata che divenne un prototipo per le chiese classiche con una navata alta, o centrale, e navate inferiori. Questo tipo di facciata è il risultato dell’intersezione dei prospetti di due templi classci; uno più basso che unisce le navate laterali e l’altro, più alto, sovrapposto alla prima e che copre la maggiore elevazione della navata centrale. In questo modo, unico al suo tempo, costruisce una facciata che è la reale proiezione della struttura interna della chiesa. Sempre per quanto riguarda l’architettura sacra in laguna, Palladio realizzò anche la chiesa delle Zitelle, successivamente modificata.
La Basilica del Redentore, con facciata in marmo bianco nella quale quattro timpani triangolari e un attico rettangolare vanno a intersecarsi in una contrapposizione di superfici lisce, lunette con statue e lesene, armonizzate con rigore.
Il Teatro Olimpico di Vicenza
La sua ultima opera fu il monumentale Teatro Olimpico di Vicenza, luogo autocelebrativo per l’aristocrazia vicentina, iniziato nel 1580, anno della sua morte, e completato da V. Scamozzi. Il progetto era ispirato al modello di teatro “all’antica”, sulla scia della riscoperta, nel corso del Rinascimento, degli studi di Vitruvio e dei numerosi disegni realizzati dallo stesso Palladio di teatri antichi che ancora esistevano a Roma, Verona, Pola e nella stessa Vicenza.
Lo stile palladiano
Lo stile dell’architetto Andrea Palladio è basata sullo studio delle proporzioni di Vitruvio, ampliato da una ricerca sui rapporti armonici fondati sulle scale musicali. Palladio si attenne inoltre a una disposizione rigidamente simmetrica degli spazi, a volte addirittura biassiale, come dimostra la pianta centrale della Rotonda.
Trattatistica e libri di Andrea Palladio, architetto
- L’antichità di Roma 1554
- Quattro libri dell’Architettura 1570. Il volume consente di comprendere i principi sui quali si basa lo stile architettonico di Palladio. Comprende xilografie che presentano, oltre a una serie delle sue opere, la composizione e i particolari degli ordini classici, più dettagliata rispetto a quelle del trattato di Serlio, oltre a disegni di edifici classici, la maggior parte dei quali romani, descrizioni figurate del Tempietto di San Pietro in Montorio di Bramante.