Un tributo importante a Gae Aulenti quello della Mostra della Triennale che si è svolta recentemente. Gae Aulenti è una figura divenuta simbolo del design e dell’architettura italiana del XX secolo, ma il suo lavoro come scenografa è stato altrettanto emblematico e spesso troppo poco conosciuto rispetto alle sue realizzazioni architettoniche e di design. La sua capacità di fondere estetica, funzionalità e un profondo senso dello spazio, si rifletteva perfettamente nei suoi progetti scenografici.

Gae Aulenti: donna, artista ed esempio di coraggio

Gaetana Emilia Anna Maria Aulenti era nata il 4 dicembre del 1927 in  provincia di Udine. Suo padre era ragioniere e sua madre maestra alle elementari. Dopo che nel 1930 nacque la secondogenita Olga, la famiglia si trasferì a Biella, e Pupa, soprannome della futura artista Gae, frequentò dal 1938 al 1942 l’istituto tecnico commerciale che a quel tempo preparava gli studenti a lavorare nel mondo delle aziende.

Intorno al 1943, in piena guerra mondiale, una giovane Gae, all’epoca quindicenne, si trasferì da sola a Firenze per poter frequentare il liceo artistico. In seguito, proseguì gli studi a Torino, dove nel 1946 conseguì la maturità. Successivamente si iscrisse al Politecnico di Milano, iniziando così il suo lungo percorso di artista e donna indipendente, caratterizzato da viaggi all’estero e dalla partecipazione a gruppi socialisti dal forte richiamo comunista. Nel 1953 si laureò e poco dopo trovò lavoro nella società Olivetti. L’anno successivo sposò l’architetto Franco Buzzi Ceriani, ma fu un’unione di breve durata da cui nacque, nel 1955, la figlia Giovanna, anche lei artista avendo ereditato la passione da sua madre per il teatro.

Gli esordi

I primi anni del 1960 furono caratterizzati da un’ingente richiesta di incarichi nell’ambito del design e dell’architettura d’interni. Committenti quali Fiat e Banca Commerciale Italiana scelsero le sue ineguagliabili capacità artistiche per la creazione di lavori diventati oggi patrimonio culturale della nostra nazione. L’audace artista partì da sola viaggiando dall’America all’Asia dedicandosi all’ammirazione e alla scoperta di quei luoghi, mossa da un’enorme curiosità e intraprendenza. Nel corso di questa esperienza studiò e fotografò le architetture e le persone che ebbe modo d’incontrare lungo il cammino.

La tappe più importanti della sua carriera

Nel 1974 si trasferì definitivamente a Milano, precisamente in Via Fiori Oscuri 3, dove attualmente rimangono la sua casa e lo studio. Da quello stesso anno intraprese un nuovo percorso contraddistinto dalla passione per le scenografie e i costumi teatrali che vide la collaborazione con volti noti come Luca Ronconi e Pier Luigi Pizzi.

Il restauro del Museo Gare d’Orsay a Parigi, la risistemazione del Museu Nacional d’Art De Catalunya a Barcellona, e le mostre di design a New York le fecero ottenere anche grande fama internazionale. Da Roma a Gubbio, per poi ritornare nella sua amata Milano, i suoi lavori proseguirono tra creazioni di piazze e rifacimenti di palazzi. Inoltre, svolse attività per il sociale collaborando con il FAI, per il quale curò l’allestimento di più mostre. Ebbe un riconoscimento istituzionale grazie anche ai suoi lavori per il Quirinale e per il Giubileo del 1999 e non fece mancare il suo contributo per le Olimpiadi Invernali di Torino del 2006.

Il suo operato venne riconosciuto anche a San Francisco dove progettò il possente Asian Art Museum, museo di arte asiatica, che vide la luce nel 2003, e in Giappone, dove le venne conferito il Praemium Imperiale nel 2006 per la costruzione dell’Istituto Italiano di Cultura.

Le ultime realizzazioni

Ritornata in Italia si occupò della creazione della nuova biblioteca comunale di Paderno Dugnano (MI) e del restauro di Palazzo Branciforte a Palermo. Nel 2012 ricevette la Medaglia d’Oro alla carriera dalla Triennale di Milano e il 31 ottobre dello stesso anno morì a seguito di una malattia, lasciando in eredità a tutti, la genialità di una donna forte e risoluta, nonché un incredibile patrimonio artistico, simbolo di una vita consacrata all’arte.

L’Asian Art Museum, situato a San Francisco, California. Vi è conservata una delle più complete collezioni d’arte asiatica al mondo. L’interno dell’edificio è stato ridisegnato da Gae Aulenti per il museo
[Beyond My Ken, CC BY-SA 4.0, Wikimedia Commons]

Gae Aulenti e il legame con la Triennale di Milano

La sua carriera, ricca di successi internazionali come accennato, ebbe una connessione profonda con Milano, città che rappresenta il cuore pulsante del design italiano. Tra i tanti luoghi che celebrarono la sua opera, la Triennale si distinse come un punto di riferimento fondamentale per la valorizzazione e la diffusione della sua visione innovativa. Partecipò a numerose edizioni di questa importante istituzione, esponendo progetti che hanno segnato la storia del design. Negli anni 60 e 70, quando il Made in Italy stava conquistando il mondo, Aulenti fu una delle protagoniste di quella scena. I suoi progetti esposti alla Triennale riflettevano un equilibrio unico tra tradizione e modernità, in grado di dialogare con l’evoluzione culturale e tecnologica dell’epoca.

I progetti e le influenze

Madre del razionalismo e del good design, esplorava il mondo del Neoliberty e dell’Art Deco, recuperando con leggerezza la pratica dell’assemblage attraverso la conoscenza delle avanguardie. All’interno delle mostre e degli eventi della Triennale, Aulenti aveva presentato alcune delle sue opere più note, tra cui mobili e complementi di design che oggi fanno parte di collezioni permanenti. Tra i suoi lavori più celebri si ricordano la Lampada Pipistrello (1965), che realizzò per Martinelli Luce, la lampada da tavolo King Sun (1968) realizzata per Kartell, l’iconico proiettore iGuzzini Cestello che nacque per il progetto di trasformazione di Palazzo Grassi a Venezia nel 1983 e tanti altri arredi che combinavano materiali industriali con un’estetica raffinata.

La visione di Aulenti non si limitò solo al design di oggetti, ma abbracciò una concezione più ampia di spazio e architettura. La sua idea fu quella di creare ambienti che fossero al tempo stesso funzionali e carichi di significato, come la costruzione della casa della famiglia Brion a San Michele di Pagana nella Riviera di Levante in Liguria.

Particolarmente significativa anche la realizzazione del negozio Fiat di Zurigo nel 1973 su richiesta di Gianni e Marella Agnelli, in cui introdusse una visione innovativa di rappresentare lo spazio attraverso la collocazione delle automobili e l’unione della strada con le mura dell’edificio.

Con queste creazioni ha lasciato un’enorme eredità in cui ha affermato il suo legame con diverse città, soprattutto con Milano, suggellato dalla piazza a lei dedicata nel quartiere di Porta Nuova, simbolo del rinnovamento urbanistico della città. Piazza Gae Aulenti rappresenta la celebrazione di un’architetta che ha saputo lasciare un segno indelebile sul panorama urbano milanese.

Allestimento nel concessionario delle automobili Fiat di Zurigo, in Beethovenstrasse, 1973 Foto © Alessandro Rossi

Gae Aulenti e la Triennale: omaggio a un’artista senza tempo

La Triennale di Milano continua ancora oggi a rendere omaggio a Gae Aulenti attraverso il Museo del Design Italiano, che espone alcune delle sue opere più importanti. Eventi e mostre dedicate al design del Novecento spesso includono tributi al suo lavoro, confermando il suo suolo di pioniera. Si è conclusa il 12 gennaio la temporanea dal nome ‘Gae Aulenti (1927-2012)‘ che vede protagonista la maestria di questa intensa personalità di spicco del XX secolo in tutte le sue sfaccettature, dal design all’architettura, al teatro fino alla politica.

La mostra ha riproposto anche modellini in scala 1:1 dei suoi progetti, assieme a schizzi inediti delle sue creazioni per i più illustri personaggi e le maggiori istituzioni internazionali. Questo si è reso possibile grazie ad una selezione accurata di materiali derivanti dall’Archivio Gae Aulenti. Non è stata solo un’artista dalle mille sfaccettature, ma un genio visionario che ha contribuito, grazie alla fondamentale collaborazione con la Triennale, a promuovere il dialogo tra passato, presente e futuro delle Arti. Oggi, visitare la Triennale significa anche immergersi nell’universo creativo di Gae Aulenti, una delle più grandi figure femminili protagoniste della storia culturale italiana.

Uno sguardo d’insieme sull’attività da scenografa

Gae Aulenti collaborò anche con registi e teatri di fama mondiale, creando scenografie innovative per opere e spettacoli. ‘La Gae’, così veniva chiamata, plasmò la sua identità durante gli anni di formazione nell’ambito culturale e sociale della Milano del dopoguerra, dove il teatro giocò un ruolo di estrema importanza. Lei stessa ricordava le giornate fuori dal Teatro Nuovo a difendere Luchino Visconti, la mancanza di denaro, il collettivo di Architettura, il Partito Comunista e i concorsi fino a tarda notte per poi correre tutti a ballare con il desiderio di evadere momentaneamente dalle preoccupazioni della vita. Occupò una posizione anche per la rivista ‘’Casabella’’ affiancando Ernesto Nathan Rogers, come aiutante del Direttore e come Assistente di cattedra al Politecnico di Milano nel 1964.

Il suo rapporto col teatro

Elaborò uno studio sull’insegnamento dei maestri del teatro moderno quali Richard Wagner, André Antoine e Adolphe Appia con l’obbiettivo di far emergere gli elementi di base della loro poetica fondati sullo svecchiamento e le convenzioni teatrali. Fin dall’inizio Gae Aulenti assimilò lo spazio teatrale non in quanto contenitore da decorare, ma autentico luogo composto dal rapporto tra pieni e vuoti in cui costruire con precisione un vero e proprio spazio architettonico attraverso un processo analitico. Così citava “mai decorazione solo design, struttura non superficie, forma non copertura”.

Nel 1994 Gae Aulenti ha realizzato la scenografia per l’Elektra di Richard Strauss: è stato l’ultimo dei suoi spettacoli per il Teatro alla Scala di Milano, con la regia di Luca Ronconi. Il direttore d’orchestra era Giuseppe Sinopoli. La reggia di Micene dove si consuma la sanguinosa tragedia di Elettra, Oreste e Clitemnestra era immaginata come una macelleria Foto © Alessandro Rossi

Il contributo e l’eredità lasciata al teatro

Il suo approccio fu caratterizzato da un equilibrio tra tradizione e modernità e dalla capacità di evocare emozioni attraverso l’uso di forme, luci e materiali. Intraprese il suo percorso nel mondo della scenografia nel 1974 con l’opera “Le astuzie femminili” di Domenico Cimarosa collaborando già da subito con personaggi noti e importanti del settore quali Luca Ronconi. Insieme diedero vita ad un nuovo spazio scenico teatrale, lontano da quello convenzionale a cui il pubblico era abituato. Il loro solido legame artistico fu particolarmente fruttuoso grazie alla condivisione di una veduta audace e sperimentale. Durò per quasi un ventennio, il suo lavoro per il teatro, fino al 2011, anno in cui mise in scena “Lo stesso mare” di Fabio Vacchi con la regia di Federico Tiezzi.

Nelle sue molteplici e svariate scenografie, Aulenti integrò spesso elementi architettonici, conferendo un senso di monumentalità e profondità spaziale, che trasformò il palco in un’esperienza immersiva. Utilizzò materiali insoliti e mise in primo piano l’importanza dell’illuminazione, creando atmosfere uniche e in grado di dialogare con la narrazione dell’opera. Con il suo lavoro come scenografa, Gae Aulenti dimostrò che l’arte e l’architettura non hanno confini netti, ma possono contaminarsi per dare vita a esperienze estetiche e culturali straordinarie.

‘’Io non voglio essere specialista di qualche cosa. Per questo mi occupo di architettura, di design, di teatro. E questa penso anche che sia una condizione femminile, questa scelta che ti fa preferire le cose più nel profondo invece che in superficie, che ti fa preferire per esempio il sapere al potere, in questo rifiuto credo ci sia un’armonia, e non nel suo contrario’’.

 

Alessandro Rossi
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