Nel 1912 l‘Associazione belga degli architetti visitò per la prima volta Palazzo Stoclet a Bruxelles e la curiosità fu palpabile. Il palazzo era frutto di una collaborazione fra l’architetto austriaco Josef Hoffmann e gli artisti e gli artigiani delle Wiener Werkstätte. L’abitazione, il giardino e gli interni progettati e realizzati da molteplici figure culminò nella sala da pranzo dove venne collocato il fregio di Gustav KlimtL’albero della vita‘.

Palazzo Stoclet: tra arte, architettura e storia

Il palazzo spiccava tra le facciate storiche dell’elegante Avenue de Tervueren come se appartenesse a un altro pianeta. L’impianto della costruzione cubica, vista dalla strada, comunicava un’insolita impressione di leggerezza e mancanza di spessore, grazie alle lastre in marmo bianco del rivestimento che, per un’illusione ottica, sembravano sostenute unicamente dalla leggera profilatura in bronzo che le circondava. L’edificio era stato concepito per ospitare la ricca collezione d’arte dei proprietari, il banchiere e ingegnere belga Adolphe Stoclet (1871-1949) e la moglie Suzanne Stevens (1874-1949) e svolse la propria funzione di palazzo rappresentativo dal carattere insolitamente moderno.

Visto dal giardino sul retro, invece, grazie all’organizzazione plastica del prospetto posteriore scandito da bowindo, terrazze e balconi, si trasformava in villa suburbana. L’abitazione mostrava dunque due facce contrapposte, pensate per offrire alla numerosa famiglia i vantaggi di un palazzo di città uniti a quelli di una villa di campagna. Josef Hoffmann scelse di non riallacciarsi alla tradizione costruttiva belga, di conseguenza non stupì che davanti a quella sorta di corpo estraneo gli architetti reagissero con scetticismo e una sorta di sberleffo canzonatorio. Le sale di rappresentanza furono impreziosite da un arredamento sfarzoso e materiali pregiati.

Palazzo Stoclet dalla strada
Palazzo Stoclet dalla strada [Foto by PtrQs, CC BY-SA 4.0, Wikimedia Commons]

Il fregio di Klimt: da architettura a manifesto di un movimento artistico

Il fregio di Gustav Klimt fu montato un anno prima alle pareti della sala da pranzo. Era un intarsio marmoreo, nonché un assoluto capolavoro d’arte applicata, che trasportava gli ospiti in un scintillante giardino incantato.

I pannelli decorativi di Gustav Klimt, insieme al progetto architettonico e agli arredi, trasformarono l’interno di Palazzo Stoclet in uno degli ambienti più celebri del XX secolo. Questo spazio incarnò pienamente l’obiettivo del Gruppo Klimt che, nel 1905, si separò dalla Secessione viennese per promuovere l’idea di integrare l’arte in ogni aspetto della vita quotidiana. In questo senso, Palazzo Stoclet rappresentò un vero e proprio manifesto del movimento. Oltre a essere la creazione più significativa di Hoffmann e delle Wiener Werkstätte, il palazzo, con i suoi interni e il giardino, fu l’unico esempio di questo tipo a essere rimasto praticamente intatto dal 1911, anno della sua consegna ai proprietari. Custodito con estrema cura per quattro generazioni dalla famiglia Stoclet, il complesso continua ancora oggi a godere di un’attenzione esclusiva, che ne impedisce l’apertura al pubblico.

Palazzo Stoclet
La sala da pranzo di Palazzo Stoclet con i fregi di Gustav Klimt [MAK – Museum of Applied Arts, Public domain, Wikimedia Commons]

L’Albero della Vita di Gustav Klimt

L’Albero della Vita di Gustav Klimt, realizzato in mosaico, è un capolavoro che unisce arte e simbolismo, radicandosi in un tema antico e universalmente riconosciuto. Le due pareti lunghe della sala da pranzo sono dominate da due alberi della vita dorati, che si elevano sopra un prato fiorito, con i rami che si intrecciano in volute eleganti. Su alcuni di essi sono appollaiati falchi, simbolo di Horus, divinità egizia. L’immagine del giardino è completata da cespugli di rose circondati da farfalle.

Sulla parete frontale è visibile ‘Il cavaliere‘, una figura stilizzata e allungata che sembra vegliare sulla scena. Sulla parete ovest, accanto alle finestre, si trova ‘L’attesa‘, una danzatrice vestita con abiti sontuosi e gioielli preziosi, in piedi su un prato fiorito, davanti a uno degli alberi dorati.

L’attesa [Gustav Klimt, Pubblico dominio, Wikimedia Commons]
La parete est è occupata da ‘L’abbraccio‘, che rappresenta una coppia di amanti appunto raffigurati nell’atto di abbracciarsi. Il mantello dell’uomo avvolge la figura femminile che indossa un abito a motivi floreali e si stringe a lui con dolcezza.

L’abbraccio [Gustav Klimt, Public domain, Wikimedia Commons]
Questo dettaglio aggiunge una componente sensuale all’esotismo del contesto, arricchendo l’immagine di una potente intimità.

Nel suo insieme, il mosaico di Klimt non è solo un’opera d’arte visivamente straordinaria, ma l’espressione di una complessa simbologia che mescola natura e amore. Tutti temi ricorrenti nella visione artistica della Wiener Werkstätte.

Klimt e le importanti collaborazioni per la realizzazione del fregio

Il fregio decorativo per Palazzo Stoclet, realizzato da Gustav Klimt, occupa un posto unico tanto nella sua produzione artistica quanto in quella delle Wiener Werkstätte. A prescindere dalle molteplici suggestioni stilistiche e tecniche, fu celebrato essenzialmente in quanto unico nel suo genere.

La creazione del mosaico fu un’impresa costosa: l’acquisto dei materiali necessari superò di gran lunga il capitale iniziale destinato alla fondazione. Il trittico è composto da quindici lastre marmoree, alte due metri e larghe un metro. Di queste, quattordici raffigurano i due alberi della vita, ciascuno costituito da sette lastre, mentre la quindicesima è dedicata al ‘Cavaliere‘. Quest’ultimo è il risultato di una stretta collaborazione tra le Wiener Werkstätte e Gustav Klimt, che condividevano un progetto artistico comune.

Il cavaliere di Gustav Klimt per Palazzo Stoclet [Gustav Klimt, Public domain, Wikimedia Commons]
Klimt coinvolse numerosi specialisti, tra cui esperti di metallurgia e oreficeria delle Wiener Werkstätte e i mosaicisti dei laboratori di Leopold Forstner. Ma anche i ceramisti di Bertold Löffler e Michael Powolny, e le smaltatrici della Scuola di arti e mestieri di Vienna, come Adele von Stark e Leopoldine König. Tali collaborazioni tra diverse figure, permisero di tradurre le idee di Klimt in un’opera che rispecchiasse il suo desiderio di splendore sontuoso.

Dettaglio dei fiori smaltati Foto © Margherita Scalvini

Un capolavoro di altissimo pregio manifatturiero

I gioielli dell’Attesa, personaggio che appare nel mosaico, sono realizzati in oro sbalzato e altri metalli preziosi e sono decorati con perle e pietre dure. Il fondo del mosaico è composto da tessere d’oro e d’argento, con centinaia di fiori smaltati incastonati in essa. Alcuni di questi fiori sono rifiniti con sottili steli di metallo, che aggiungono una struttura anche ai cespugli di rose, le cui foglie in smalto verde e boccioli in vetro bianco sono profilati in rosso. I falchi neri, le farfalle rosse e blu, e il motivo dell’occhio stilizzato che germoglia sui rami dorati degli alberi, sono realizzati in ceramica vetrificata. L’uso di materiali diversi conferiscono al mosaico un effetto a rilievo, che arricchisce e rende dinamica la superficie. Soprattutto conferiscono al fregio una profondità e una ricchezza sensoriale che lo rendono un capolavoro.

L’attesa di Klimt [Gustav Klimt, Public domain, Wikimedia Commons]

L’arte come messaggio sociale: una componente essenziale del lavoro tra Klimt e Wiener Werkstätte

La simbiosi tra il fregio, l’architettura e l’arredo di Palazzo Stoclet è straordinariamente coerente e significativa. La collocazione del mosaico all’interno della sala da pranzo, insieme alla perfetta integrazione tra l’architettura e la disposizione dei tre pannelli, riflette un’armoniosa fusione tra spazio e arte. L’intera composizione, dunque, non solo riflette la bellezza estetica, ma anche un preciso programma progettuale che unisce forma, funzione e simbolismo.

Il lavoro tra Klimt e le Wiener Werkstätte non si limitava a un semplice rinnovamento delle arti, ma abbracciava un programma socio-politico più ampio. Da un lato, le Wiener Werkstätte si opponevano alle dinamiche della produzione industriale di massa e alle difficili condizioni di lavoro nelle fabbriche, cercando di ridare valore al lavoro artigianale. Dall’altro lato, credevano fermamente che la bellezza e la qualità delle loro creazioni potessero migliorare la vita di chi le utilizzava.

L’obiettivo delle Wiener Werkstätte non era rivolgersi a una ristretta élite di privilegiati, ma rendere l’arte e il design accessibili a tutte le classi sociali. Per questo motivo, non si limitarono a progettare solo le sale di rappresentanza di Palazzo Stoclet, ma si occuparono anche degli spazi più privati, come le cucine e le stanze dei domestici.

L’allestimento delle stanze anticipava la sobrietà del Modernismo degli anni 20 del 900. In tal modo, l’intero edificio, nelle sue diverse dimensioni e funzioni, divenne un manifesto di un’arte che aspirava a migliorare la vita quotidiana di tutti, indipendentemente dal loro status sociale.

 

Margherita Scalvini

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