Tassonomia: il linguaggio scientifico è davvero senza pregiudizi?
L’essere umano ha sempre avuto necessità di analizzare e catalogare tutto ciò che lo circonda. La tassonomia botanica nasce da un bisogno di ripartire l’enorme insieme delle piante in gruppi dai caratteri affini, in modo da rendere possibile un’analisi nelle più modeste dimensioni umane.
Poco prima dell’invenzione del sistema binomiale da parte di Linneo, i botanici usavano descrivere le piante con una lunghissima sequenza di termini, aggettivi e attributi (tra cui il celebre “petaloso”), e alcune definizioni erano lunghe mezza pagina. Erano importantissime le illustrazioni botaniche, che descrivevano le parti chiave delle piante, come le ascelle foliari, l’ovario, le antere, i filamenti, ecc.
La tassonomia per Linneo
L’idea di Linneo fu semplice e vincente. Organizzò le piante in gruppi in modo comprensibile basandosi su caratteri permanenti e distintivi delle piante, cioè quelli degli organi riproduttivi. Inoltre utilizzava il Latino, la lingua delle scienze, autorevole perché non soggetta a variazioni. Questo portò a una iniziale reticenza, ma il sistema classificatorio binomiale era troppo facile e chiaro per non trovare un larghissimo consenso.
Una delle controversie più celebri e ricche di aneddoti fu con Philip Miller, autore di un corposo dizionario delle piante, uno dei massimi conoscitori di piante della sua epoca. Miller adottò la nomenclatura linneiana solo nell’ultima edizione del suo diffusissimo dizionario, dandole una diffusione totale, anche tra gli hobbisti.
Il giardiniere italiano fa subito l’orecchio a certi nomi: nomi che richiamano colori o caratteristiche come la taglia o il profumo, quasi uguali all’italiano, indicano che la pianta è di antica classificazione, spesso europea. Nomi che si spostano verso il greco ci parlano di studi più moderni, che si riferiscono a caratteri morfologici e oggi anche genetici, mentre i nomi di persona ci raccontano grandi storie di esplorazione, e a volte anche di conquista, imperialismo e sottomissione.
A luglio di quest’estate c’è stata una svolta importante nella storia della tassonomia
Si è infatti tenuta una votazione per rinominare l’Erythrina caffra, che nel nome della specie contiene un termine dispregiativo per le popolazioni della zona sudafricana dove l’albero fu individuato dagli occidentali. La parola “cafro” significa “non musulmano”, ed è un insulto largamente usato nei confronti dei popoli africani. La decisione è arrivata dopo un’intensa sessione di sei giorni al Congresso Botanico Internazionale, svoltosi a Madrid, a cui hanno partecipato moltissimi esperti.
Per raggiungere questo risultato ci sono voluti anni di campagna da parte di Gideon Smith e Estrela Figueiredo, entrambi professori all’Università Nelson Mandela in Sudafrica, che hanno lavorato sui termini non più accettabili della classificazione scientifica. La tassonomia dovrebbe essere una roccaforte della neutralità gnoseologica, ma spesso è invece il vettore di ineguaglianze e discriminazioni.
“Siamo estremamente soddisfatti per l’eliminazione definitiva e retroattiva di una macchia razzista della nomenclatura botanica” ha dichiarato Smith, sottolineando che oltre il 60 per cento dei partecipanti ha sostenuto la proposta. Una maggioranza piuttosto larga ma non plebiscitaria.
Un termine è stato sostituito ma il lavoro da fare è ancora lungo
La parola “caffra” è stata così eliminata, come non fosse mai esistita, sostituita da “afra”, nel senso di “proveniente dal continente africano”.
In realtà l’Erythrina non è la sola entità botanica botanica ad avere bisogno di un aggiornamento anagrafico. Sono oltre duecento le specie di piante vascolari, alghe e funghi coinvolti.
È stato anche istituito un comitato speciale per valutare i nomi delle nuove specie scoperte. Solitamente sono i ricercatori stessi a scegliere i nomi, ma d’ora in poi potranno essere bloccati o sostituiti qualora risultassero discriminatori o infamanti.
Sono state avanzate numerose proposte, tra cui quella di eliminare in blocco i termini storicamente controversi. Sono state però rigettate poiché estremamente complesse da applicare, e anche per il timore delle reazioni e accuse di politicamente corretto.
Sandy Knapp del Museo di Storia Naturale di Londra ha accolto con entusiasmo le prime modifiche: “Questo è un primo passo monumentale per affrontare un problema che ha causato forti tensioni non solo in botanica ma anche in altre discipline biologiche”.
Anche Kevin Thiele, tassonomo australiano, ha commentato positivamente questo cambiamento definendolo: “Una prima, piccola vittoria nella presa di coscienza su un tema delicato”. Thiele ha anche spinto per rivedere i nomi problematici del passato oltre a quelli futuri, un’azione ampiamente sostenuta, ma non applicata.
Tassonomia e discriminazioni non solo in botanica
Se la tassonomia botanica è piuttosto adusa ai cambi di nomenclatura, è un po’ più difficile per la zoologia. Anche i nomi di animali portano il peso di un’eredità controversa. Diverse specie – come un raro coleottero senz’occhi, Anophthalmus hitleri o una farfallina libica, Hypopta mussolinii – portano il nome di personaggi storici negativi. E non si tratta di un caso isolato: molti nomi zoologici evocano figure storiche che oggi sollevano disagio. La Società Americana di Ornitologia lavora sin da novembre 2023 su una ampia ridenominazione di almeno 80 specie che hanno nomi di schiavisti.
Tuttavia, la Commissione Internazionale di Nomenclatura Zoologica ha finora rifiutato di modificare le regole in tal senso. Si è temuto che le sostituzioni possano risultare, col tempo, altrettanto offensive.
Per Knapp, la decisione presa a Madrid potrebbe rappresentare un segnale per il resto della comunità scientifica: “Abbiamo fatto un piccolo passo, niente di più. Dobbiamo cambiare ancora molto nelle nostre regole. Ma non si va da nessuna parte senza fare il primo passo, e questo finalmente lo abbiamo fatto”.
Le narrazioni della scienza
Si deve accogliere questi cambiamenti come un monito, per prima cosa nel riferirci ciò che ci circonda in termini fortemente antropici. E poi dovremmo soffermarci a riflettere una volta in più quanto quello che consideriamo un mondo di giustizia, un linguaggio universale, quello della scienza, è invece frutto di una narrazione, quella del vincitore.
E anche avere una certa prudenza nel nominare le “cose”. Per buttarla un po’ sul faceto, dovremmo evitare quell’abbrivio politico che ha portato ai nomi dei formati di pasta di epoca mussoliniana, le mafaldine, le tripoline, le abissine. Prima o poi determineranno scontento e una gran confusione, e toccherà trovargli nomi diversi.
I regimi e gli imperi si sgretolano, tutti, inevitabilmente. Gli alberi rimangono.
Lida Zitara
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