Nei giardini di Silvia Ghirelli, paesaggista, disegno e natura si fondono in un’armonia perfetta per creare oasi accoglienti in grado di appagare tutti i sensi. Silvia Ghirelli ha raccontato a Villegiardini il suo profondo legame con la natura e la visione che ispira i suoi progetti.

Cosa rappresenta per lei il giardino?

Il giardino, per me, è un luogo di armonia e bellezza, È anche un dono prezioso perché mi offre la possibilità di creare uno spazio dove natura e artificio si fondono e si compenetrano, dando vita a un luogo di piacere. Ho sempre amato questa riflessione di Fernando Caruncho, che esprime anche la mia visione: “il giardino è il luogo dove l’uomo può perdonare se stesso e gli altri, sapendo che il giardino è il suo rifugio universale”.

Come è nata la sua passione per il verde?

La mia passione per il verde è nata, credo, con me. Mia madre mi raccontava che da piccola rientravo a casa con le tasche piene di semi e piccoli mazzetti di fiori di campo tra le mani. Sembrava quasi avessi un istinto innato a connettermi con la natura.

Giardino a Forte dei Marmi

Qual è il suo approccio alla progettazione?

Credo che un giardino debba essere un’estensione dell’anima di chi lo abita, uno spazio che riflette la sua personalità e i suoi desideri più profondi. È fondamentale, quindi,  per me conoscere a fondo il luogo e dedicare del tempo a esplorarlo attentamente. Inizialmente sento la necessità di trascorrere del tempo con i proprietari per raccogliere più informazioni possibili, anche su argomenti che sembrano lontani dal giardino in sé. Mi interessa conoscere le loro opere d’arte preferite, i ricordi di viaggio… è un momento di ascolto totale e immersione. In questo momento il giardino ancora non esiste, ma esiste il racconto di chi lo vivrà. Successivamente ho bisogno di osservare il luogo da sola senza porre attenzione ad altro che non al luogo stesso, che diventa amico. La prima fase del progetto è principalmente intuitiva: le idee iniziano a emergere già dal primo incontro. In seguito, in studio,  passo a una fase di progettazione più razionale, che prevede lo studio della planimetria e di tutte le connessioni.

Come nascono ispirazioni e idee?

Le ispirazioni e le idee nascono dall’ascolto attento e dallo studio del luogo e  da un patrimonio di giardini visitati e libri letti. Più ricco è il nostro bagaglio di esperienze, maggiore è la nostra capacità di immaginare e di generare idee originali e innovative.

Quali ispirazioni le hanno dato i suoi viaggi nel mondo e la letteratura?

Viaggiare e leggere sono strumenti fondamentali nella nostra vita. Ho avuto la fortuna di viaggiare moltissimo con colleghi straordinari, e questi viaggi, insieme agli scambi continui che ne sono derivati, hanno dato vita a esperienze che trascendono luoghi e tempi specifici. Per quanto riguarda i libri, sono una mia grande passione: possiedo una biblioteca con 6.500 volumi dedicati ai giardini. Lo studio è accessibile al pubblico grazie a un’associazione culturale locale chiamata ‘Arte in Orto’. È gratificante vedere le persone che vengono a leggere e a consultare i libri nella nostra biblioteca

Chi sono stati i suoi maestri?

Ho avuto la fortuna di incontrare persone straordinarie nella mia vita professionale. Devo molto all’architetto Marco Pozzoli, che è stato prima mio insegnante e poi un maestro esigente durante il lavoro nei cantieri dei suoi progetti, nei quali mi ha generosamente coinvolta. Grazie ai suoi insegnamenti ho appreso l’importanza del disegno nel giardino, non solo della parte vegetale e botanica, e anche degli elementi strutturali come acqua e pietre, fondendo l’arte dell’uomo con la bellezza della natura.

L’incontro più toccante è stato con Roberto Burle Marx. Mi ha accolta nel suo studio-giardino, al Sítio Santo Antônio, con una semplicità, gentilezza e generosità che solo i veri grandi possiedono. Studiare i suoi giardini ha ampliato la mia apertura mentale e mi ha insegnato ad accogliere idee diverse che prima mi erano sconosciute. L’amore per le piante lo devo, invece, a Libereso Guglielmi. Viaggiare con lui e scoprire ogni volta nuove specie è stato non solo un insegnamento, ma anche una lezione di vita. Lui, che conosceva ogni pianta, mi diceva sempre “potrebbe essere…”

Quali piante ama utilizzare e perché? E in termini più generali quali sono quelle che ama di più?

In questo periodo della mia vita sono completamente immersa nella macchia mediterranea. Lavoro molto lungo i litorali toscani e in Provenza, dove le piante autoctone possiedono una forma e un’intensità uniche. Adoro utilizzare piante come elicriso, rosmarino, lavanda, artemisia, mirto e i cisto. Queste piante sono speciali perché contribuiscono a creare ambienti di profonda emotività, grazie alla loro intensità olfattiva e ai delicati giochi tonali di grigi e verdi polverosi.

Oggi lavora molto in Toscana. Questo territorio ha modificato il tuo stile di progettazione, e se sì, come?

È come un ritorno ai luoghi dell’infanzia. Sebbene sia orgogliosamente emiliana di origine, ho trascorso i miei primi sette anni di vita in Toscana, un periodo cruciale per la formazione della personalità. I ricordi dei profumi aspri e pungenti del paesaggio sono rimasti indelebili. Ora lavorare e vivere prevalentemente in questi territori è una gioia per me. Sicuramente c’è stato un cambiamento profondo, non solo nella modalità progettuale, ma anche a livello personale. Sono diventata sempre più attratta da composizioni e sensazioni che rispecchiano la generosità e la ricchezza della macchia mediterranea.

Come vorrebbe disegnare il suo giardino ideale?

Attualmente sto attraversando un momento di grande riflessione mentre mi confronto con il piccolo giardino della mia nuova casa a Pietrasanta. Lo guardo e mi dico “È già così bello così com’è”, con i suoi olivi, aranci e limoni, e la vista sulla collina e sul campanile di una vecchia chiesa. È un giardino semplice, francescano. Lo curerò con amore, ma dovrò procedere con delicatezza. Sono come sospesa e sento che sto imparando qualcosa di importante da questa attesa.

Come affronta il tema della sostenibilità e del cambiamento climatico?

Affronto il tema con molta attenzione. Attualmente sto realizzando numerosi gravel garden, scegliendo specie che meglio resistono alla siccità. Ritengo fondamentale sviluppare una sensibilità verso il rispetto e il risparmio delle risorse locali. È essenziale che l’estetica di un luogo sia coerente con i principi della sostenibilità. La mia principale fonte di ispirazione è stata Beth Chatto, che ho avuto il privilegio di conoscere. Quando uscì il suo libro sui giardini resistenti alla siccità e visitai il suo dry garden in Essex, in Inghilterra, lei era davvero una pioniera in questo campo.

Qual è la maggiore soddisfazione che le regala la sua professione?

La consapevolezza di aver portato armonia in luoghi talvolta segnati da cantieri invasivi, percepire la gioia di chi li vive e la possibilità di arricchimento personale e professionale che il mio lavoro offre.

silviaghirelli.it

 

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