A Firenze, nella magnifica cornice di Villa Pagani Nefetti, la dimora di Mauro Lipparini e Michelle Richter è un’immagine perfetta della sensibilità, dei gusti e delle passioni dei proprietari. Adagiata sul pendio di una delle colline a sud di Firenze, Villa Pagani Nefetti è un esempio significativo di architettura eclettica del primo Novecento. Progettata da Adolfo Coppedè (1871-1951), il principale esponente italiano di questo stile, per alcuni aspetti evoca l’Art Déco, per altri richiama, in modo idiosincratico, torri medievali, finestre manieriste e stemmi barocchi.
Provoca quindi un certo stupore, una volta varcata la soglia di casa Lipparini, trovarsi di fronte interni estremamente moderni, con chiari riferimenti all’architettura minimalista e giapponese, oltre a numerosi richiami alla cultura orientale. La sorpresa non è però così forte se si conoscono il lavoro e la biografia di Mauro Lipparini, noto architetto-designer, e della moglie statunitense Michelle Richter, violoncellista classica di formazione, e managing director dello studio.
Lo spazio è stato infatti progettato dalla coppia come perfetta estensione delle loro personalità ed esperienze oltre che per rispondere al meglio alle esigenze di uno stile di vita cosmopolita. Un altro aspetto importante è stato il desiderio di sfruttare il piacere visivo offerto dal paesaggio circostante: la villa gode infatti di un’emozionante vista panoramica che spazia dalla campagna toscana – cosparsa di uliveti e cipressi – al centro di Firenze, dove la Cupola del Brunelleschi, Palazzo Vecchio, la Basilica di Santa Croce e il Campanile di Giotto sono chiaramente visibili dalla casa.
“Fin dal mio primo incontro con la villa”, spiega l’architetto, “sono stato ispirato ad ampliare gli spazi al suo interno, ad aprirli, a renderli più dinamici. Il mio obiettivo era quello di rigenerare lo spazio nel suo complesso con pochi tratti decisi e dotarlo di un’eleganza rivitalizzata, combinando tradizione e modernità. Per farlo, dovevo mettere in relazione lo spazio domestico direttamente con il paesaggio, piuttosto che tentare di riprodurre negli interni l’opulenza della facciata dell’edificio, che lo avrebbero inevitabilmente reso inattuale. Per questo ho integrato le finestre con le pareti, sottolineando il loro ruolo cruciale nell’incorniciare la vista esterna e metterla in rilievo”.
In tutta la residenza, i materiali sono stati scelti, modellati e disposti in modo da accentuare e sottolineare la struttura architettonica, esprimendo al contempo i valori e la sensibilità della famiglia che la abita. Alcune pareti sono state rivestite in pietra calcarea tunisina, scolpita artigianalmente in lastre di varie forme e dimensioni che si incastrano tra loro lasciando aperte le fessure, dando vita a un gioco grafico di linee scure.
A queste pareti se ne sono aggiunte altre rifinite a encausto e polveri di marmo nei toni del tortora che colpiscono l’occhio e la mano in modo diverso, liscio e setoso. Infine, per offrire un maggiore contrasto – che comunque rispetta e mantiene il tono di continuità in tutta la casa – alcune pareti sono state realizzate con pannelli in vetro fumé. Gli arredi sono collocati con parsimonia e con la cura di un’installazione d’arte contemporanea: un mix di sorprendenti accostamenti tra modelli dall’estetica essenziale, disegnati da Lipparini nel corso della sua lunga carriera, e pezzi storici, molti dei quali cinesi.
“Sono stato influenzato in modo specifico e sostanziale dalle arti decorative dell’ultima dinastia Ming, e gli arredi di quell’epoca nella sala da pranzo – sedie e credenza – rendono omaggio a quella storia, costituendo una fonte quotidiana di piacere estetico. Lo stesso vale per i molti altri pezzi di origine cinese e giapponese con cui condividiamo la nostra casa: gli antichi ventagli e la bilancia in legno di Hangzhou; il tradizionale involucro del tè cha bing in foglie di bambù e le raffinate componenti di servizio per la cerimonia del tè, oltre agli oggetti d’arte e alle opere più puramente decorative”.
Il risultato del progetto è un’abitazione scultorea, ricca di valori tattili e dall’estetica senza tempo, che racconta le storie, i viaggi, le passioni e la filosofia di vita di Mauro e Michelle. In termini di distribuzione, l’appartamento ospita un’ampia zona giorno al primo livello, mentre al piano superiore la camera da letto padronale e due camere per gli ospiti dai toni tenui creano un senso di serena tranquillità.
Le scale che consentono il transito tra il piano inferiore e quello superiore emergono dai pavimenti e dalle pareti, dallo spazio stesso, creando ancora una volta un senso di flusso naturale tra i diversi livelli. La casa è completata da un’accogliente oasi verde su cui si affacciano le camere da letto, circondata da ampie vetrate e illuminata da un lucernario apribile dove spicca un grande bonsai dal forte significato simbolico.
Il Ficus microcarpa, acquistato in Cina, ha infatti la stessa età di Michelle. Un emblema dell’unione della coppia e dell’ispirazione zen che li orienta nel lavoro e nella vita. “Il bonsai di Hangzhou, al centro del giardino zen al piano superiore, può essere inteso come la fusione definitiva delle mie influenze cinesi e giapponesi. Lo Zen giapponese, con le sue basi nella scuola Chan della dinastia Tang, mi ha aiutato a comprendere più a fondo la mia vera natura: un passo necessario, nella pratica Zen, per vivere liberamente.
A livello visivo ed esperienziale, il giardino è caratterizzato da una stimolante interazione tra luce e colore, tra struttura intenzionale e crescita casuale, il tutto in equilibrio e armonia formale. Per un maestro Zen, l’unico momento reale è ‘l’adesso’: un principio alla base di ogni progettazione significativa. Ogni volta che guardiamo dalla finestra della nostra camera da letto, il giardino e il suo straordinario bonsai ci rammentano questa verità”. maurolipparini.com
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