Geometrie raffinate ed elegante semplicità sono state usate con maestria dal paesaggista americano Jim Burnett per conseguire un effetto lussureggiante con piante tipiche dei luoghi aridi.

Una veduta aerea del giardino posteriore, dove il disegno delle aree e dei percorsi è più ordinato e geometrico. Il grande prato circolare è bordato da Santolina virens e racchiuso da un sentiero costeggiato da un doppio filare di Parkinsonia x ‘Desert Museum’ in fiore. In primo piano si notano i pannelli solari. Sullo sfondo, la tenuta originale Sunnylands, separata dal nuovo giardino tramite una siepe di Ebenopsis ebano. Si notano la villa dal tetto rosa progettata da A. Quincy Jones, il campo da golf e i laghi. © Foto Sibylle Allgaier

Rancho Mirage, in California meridionale, nell’area del deserto di Sonora e ai piedi delle San Jacinto Mountains, è un luogo in cui il sole splende tutti i giorni dell’anno, le precipitazioni sono decisamente scarse e il clima è torrido ma asciutto.

Una vista delle pergole e sedute ai lati dell’ingresso del Centro Visitatori da dove ammirare il giardino, all’ombra di Prosopis, con alle spalle una bordura di Aloe vera e Agave demeesteriana e davanti una di Leucophyllum frutescens ‘Green Cloud’. © Foto Dillon Diers

In questo contesto, l’editore, diplomatico e filantropo Walter Annenberg e sua moglie Leonore nel 1963 hanno incaricato l’architetto modernista californiano A. Quincy Jones di costruire la loro casa di vacanza: Sunnylands.

Una delle numerose panchine collocate nel giardino per consentire ai visitatori di ammirare le viste e le piante; in dettaglio da destra a sinistra Agave mitis ‘Nova’, Agave parryi var. truncata, Yucca whipplei, Parkinsonia x ‘Desert Museum’. © Foto Michael Brands

Fulcro di una tenuta di circa ottanta ettari, la dimora, icona della modernità californiana della seconda metà del secolo scorso, portata a termine nel 1966, è stata concepita sia come casa di famiglia per sfuggire agli inverni della Pennsylvania, dove la coppia risiedeva, sia come luogo intimo e di alto livello dove i leader del governo e dell’industria potessero incontrarsi privatamente per affrontare le questioni più urgenti nazionali e globali, diventando nota come la Camp David della West Coast.

Le vasche d’acqua in cui esemplari di Trichocereus macrogonus var. pachanoi si riflettono e ai lati Kroenleinia grusonii sono disposte in file. © Foto Michael Brands

Un ruolo che continua ancora oggi per volontà dei coniugi che hanno lasciato Sunnylands (noto anche come Annenberg Retreat) alla Fondazione che porta il loro nome. La tenuta comprende un campo da golf da nove buche, undici laghi, una piscina, grandi alberature, un giardino di rose, grandi distese di prato molto curate, palme e le tradizionali piante ispirate ai giardini inglesi: un luogo decisamente con alte esigenze idriche, come la maggior parte dei giardini coevi di Rancho Mirage e della vicina Palm Springs.

La terrazza ristorante/caffetteria, lambita da vasche d’acqua che abbassano la temperatura ambientale, con vista sul giardino posteriore. Alberi di Parkinsonia praecox sovrastano Kroenleinia grusonii, sullo sfondo a sinistra Agave demeesteriana. © Foto Dillon Diers

Non erano decisamente il modello ecologico di riferimento dello studio di progettazione OJB del pluripremiato paesaggista americano Jim Burnett quando fu incaricato da Leonore Annenberg e dalla Fondazione di progettare un giardino di poco meno di quattro ettari adiacente alla tenuta originale insieme a un Centro Visitatori, affidato a Frederick Fisher and Partners, che sarebbero stati aperti gratuitamente al pubblico e chiamati Sunnylands Center & Gardens.

Una vista dall’alto che consente di abbracciare in un solo sguardo il giardino posteriore, con i tre cerchi del labirinto, del grande prato centrale, coi i fiorellini gialli caduti delle Parkinsonia x ‘Desert Museum’, e di quello più piccolo, i percorsi e le aiuole geometrici, i gruppi monospecifici di piante, gli alberi e le aiuole rettangolari con le piante esemplari del deserto. Si nota l’ampia palette dei verdi. © Foto Sibylle Allgaier

Era l’occasione per esplorare l’estetica delle piante aride per la creazione di un giardino sostenibile, più coerente con l’ambiente circostante, evocandolo e mostrandone la varietà e la bellezza intrinseca.

Il labirinto, disegnato con Sphagneticola trilobata e ombreggiato da Prosopis, visto dall’alto. © Foto Sibylle Allgaier

Molti pensano a un deserto come a un’area di dune di sabbia mutevoli senza vegetazione, salvo nelle zone in cui le sorgenti forniscono umidità. Questa immagine non si applica, tuttavia, ai deserti degli Stati Uniti sud occidentali, dove si trova Rancho Mirage, caratterizzati da una vegetazione ricca e diversificata. La maggior parte delle piante si è evoluta per far fronte a condizioni di alte temperature e di precipitazioni incerte.

Le aiuole rettangolari che sembrano quadri astratti dipinti con le piante esemplari del deserto messe a dimora in un substrato scuro composto da una roccia ignea che protegge le radici delle piante dal calore e dal sole e aiuta a trattenere l’umidità nelle aiuole e il cui colore mette in risalto le piante. © Foto Jeff Durkin

Sono spiriti audaci che sopportano il peggio che il deserto offre senza battere ciglio o quasi: alcune immagazzinano l’umidità nei tessuti del fusto o delle radici durante i brevi periodi di pioggia e la usano con parsimonia durante la siccità e, per limitare al minimo la perdita di umidità, hanno diminuito la superficie fogliare a un minimo irriducibile, lasciando ai fusti verdi il compito di svolgere la fotosintesi oppure rivestono le foglie con sostanze cerose o una leggera peluria per ombreggiare e raffreddare; altre producono apparati radicali profondi o diffusi che estraggono tutta l’umidità da una vasta area del suolo.

Uno dei sentieri del giardino in granito decomposto chiaro, che aiuta a contenere la sabbia soffiata dal deserto circostante e a fornire una piacevole esperienza sensoriale mentre ci si muove, e sulla sinistra Agave deserti, Kroenleinia grusonii punteggiata da Fouquieria splendens, Agave parryi var. truncata, Leucophyllum frutescens ‘Green Cloud’, Euphorbia resinifera, Agave titanota, Agave x ‘Sharkskin’, sulla destra Agave demeesteriana, tutto all’ombra di Prosopis. © Foto Marion Brenner

Ci sono piante che dopo la pioggia si sviluppano rapidamente, fioriscono in modo spettacolare e portano a maturazione i semi che rimangono dormienti nel terreno e sfuggono alla siccità, mentre altre riducono le funzioni vitali rimanendo in uno stato di quiescenza fino a quando non si verificano nuovamente condizioni di temperatura e umidità adatte; alcune, invece, assorbono anidride carbonica durante la notte, con una minore evapotraspirazione, e hanno un metabolismo che consente loro di immagazzinare nella foglia il carbonio per la fotosintesi.

Una vista del labirinto con Sphagneticola trilobata ai lati del sentiero, in primo piano il fusto di Prosopis e sullo fondo Leucophyllum langmaniae. © Foto Caitlin Atkinson

Jim Burnett ha incorporato queste piante in un paesaggio elegante e raffinato, ispirato ai dipinti Impressionisti e Post-Impressionisti della collezione Annenberg (donata in seguito alla scomparsa di Walter Annenberg al MoMa di New York), come se stesse dipingendo un quadro sulla nuda terra con pennellate di piante dai toni vivaci e un’ampia tavolozza di verdi.

Una vista del Centro Visitatori da uno dei sentieri oltre il prato centrale, in primo piano Agave titanota, quindi Aloe vera, Kroenleinia grusonii e Agave mitis ‘Nova’, all’ombra di Parkinsonia x ‘Desert Museum’ in fiore. © Foto Marion Brenner

Il Centro Visitatori, un edificio bianco che ospita mostre, meeting, spettacoli e caffetteria, reinterpreta la pulizia formale della dimora progettata da A. Quincy Jones, incornicia la vista panoramica sulle San Jacinto Mountains e funge da elemento separatore di zone del giardino stilisticamente differenti sotto il profilo del design.

Un dettaglio di una delle aiuole rettangolari con le collezioni di piante esemplari del deserto, in primo piano Agave macroacantha, quindi Espostoa melanostele, Pachycereus pringlei, Aloe vera, Trichocereus macrogonus var. pachanoi e Cleistocactus strausii. © Foto Caitlin Atkinson

Più organico nella parte anteriore, con sentieri pensati per chi visita il giardino e può fermarsi per osservare le piante o scorci particolarmente interessanti oppure perdersi girovagando fino quasi a sentirsi trasportato nella natura immersiva delle aiuole informali, il disegno dei percorsi, delle aiuole e degli spazi diventa più geometrico e segue una disposizione razionale in prossimità del Centro Visitatori e nella parte posteriore dove delinea quasi delle stanze separate e collegate. Il giardino è lussureggiante e in modo totalmente inaspettato: le piante, circa 53.000 di ottanta specie, sono disposte in grandi masse monospecifiche, selezionate per colore, consistenza, struttura e habitus.

Un’altra veduta delle aiuole del giardino oltre il prato centrale, a metà primavera, quando le corolle gialle di Parkinsonia x ‘Desert Museum’ illuminano il giardino e i petali caduti creano un tappeto dorato. In primo piano Kroenleinia grusonii quindi Agave attenuata, Agave x ‘Sharkskin’, Agave titanota, poi Fouquieria splendens, Agave parryi, Agave americana, Euphorbia resinifera e Hesperaloe parviflora. © Foto Marion Brenner

Studiati giochi di contrasti architettonici e cromatici, con il portamento allungato delle varie Aloe, Hesperaloe, Agave, solo per citare le principali, quello arrotondato di Kroenleinia grusonii (una volta nota come Echinocactus grusonii), Euphorbia resinifera, Yucca o Agave parryi var. truncata, tutte sistemate in file ordinate, con tratti decisi, a volte punteggiate da Fouquieria splendens, e le varie cromie dei verdi creano ritmo e donano vivacità e carattere a un insieme che non smette di stupire.

Jim Burnett
La fioritura di Parkinsonia x ‘Desert Museum’ con un sottobosco di Aloe vera e Agave americana. © Foto Marion Brenner

Le fioriture si rincorrono, mutano l’aspetto della pianta e anche il colore della zona in cui sono poste: tutto offre scenari sempre diversi, mai scontati. Durante la primavera una maxi aiuola in posizione defilata attira l’attenzione con le fioriture rosse, arancio, giallo, viola, bianco e oro delle erbacee, graminacee e arbustive della regione che spuntano da un tappeto di succulente declinate in varie tonalità di verde.

Jim Burnett
Una vista della fioritura della grande aiuola con mix di erbacee, graminacee e arbusti del deserto ottenuti da seme, in primo piano Baileya multiradiata ed Encelia farinosa. © Foto Caitlin Atkinson

Uno spettacolo che si può ammirare passeggiando all’ombra di Prosopis, un albero tipico del deserto, qui selezionato in più varietà inermi, che costeggia tutta l’aiuola incoraggiando la visita al riparo dai raggi del sole. Lungo il viale principale di accesso sono invece le Parkinsonia x ‘Desert Museum’ ad accompagnare i visitatori fino all’ingresso del Centro Visitatori, dove si trovano alberi di Vachellia farnesiana in filari ordinati.

Jim Burnett
Sotto la chioma di Prosopis, Aloe Vera a fioritura gialla delimita il sentiero, in secondo piano Asclepias subulata. © Foto Marion Brenner

Oltre il Centro si trova una lunga terrazza ornata da due vasche rettangolari progettate per riflettere il cielo e avere il suono rilassante dell’acqua che scorre, a ricordare la calma e la tranquillità che regnano ovunque a Sunnylands. Nelle immediate vicinanze, a fiancheggiare le vasche, ci sono aiuole con Kroenleinia grusonii in file ordinate, all’ombra di Parkinsonia praecox, che, insieme alle altre specie e cultivar di Parkinsonia, è uno degli alberi più belli del deserto. Come omaggio a Leonore Annenberg tutti le alberature del giardino fioriscono, in momenti diversi, in giallo, uno dei suoi colori preferiti.

Jim Burnett
Una distesa ordinata di Agave parryi var. truncata sullo sfondo di Euphorbia lomelii e accanto a Parkinsonia x ‘Desert Museum’ in piena fioritura. © Foto Marion Brenner

Il giardino ha una ricchezza botanica, visiva ed emotiva: ovunque si trovi, il visitatore è connesso con la natura. Poco distanti dai bacini d’acqua, piante esemplari di Ferocactus glaucescens, Lophocereus schottii, Mammillaria pringlei, Stenocereus thurberi, Espostoa melanostele, Ferocactus pilosus var. pringlei, Parodia lenninghausii, Pachycereus pringlei, Trichocereus macrogonus var. pachanoi, Myrtillocactus geometrizans var. cristata, Cleistocactus strausii e altri rappresentanti del deserto sono disposti come in un quadro astratto in aiuole rettangolari.

Jim Burnett
Una vista del sentiero in calcestruzzo ai lati del prato centrale, ombreggiato da Parkinsonia x ‘Desert Museum’, il cui fusto verde consente all’albero di svolgere la fotosintesi, con un sottobosco di Asclepias subulata e Aloe vera a sinistra e Santolina viridis a destra. © Foto Dillon Diers

Nella zona più disegnata, davanti alla terrazza, Jim Burnett, oltre ad aiuole dal design più geometrico con masse monospecifiche di piante, ha progettato una sequenza di cerchi che contemplano, al centro, un prato circolare bordato da Santolina virens e racchiuso da un sentiero costeggiato da un doppio filare di Parkinsonia x ‘Desert Museum’, ai suoi lati un labirinto per la contemplazione disegnato con Sphagneticola trilobata, una perenne strisciante a fioritura gialla, e un altro piccolo cerchio di prato, entrambi ombreggiati da Prosopis. Le due zone a tappeto erboso sono tra le pochissime deroghe al basso regime idrico che domina il giardino.

Jim Burnett
Una vista delle aiuole nella parte anteriore del giardino, dal disegno più organico, con in primo piano Aloe vera, Prosopis quindi Parkinsonia x ‘Desert Museum’, Agave demeesteriana e Hesperaloe parviflora. © Foto Dillon Diers

La sostenibilità a Sunnylands si esprime non solo tramite l’uso di specie adatte e che non richiedono quasi manutenzione, ma anche con un sistema di irrigazione capillare ad alta efficienza, il monitoraggio dell’umidità del suolo e bacini di ritenzione sotterranei per catturare e immagazzinare le acque meteoriche, oltre a un parco solare e un programma di riciclaggio dei rifiuti verdi in loco, che hanno valso la certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) Gold, attribuito dallo United States Green Building Council.

Jim Burnett
Una vista serale del Centro visitatori, sullo sfondo delle San Jacinto Mountains, e della corte di ingresso caratterizzata da un’aiuola circolare con Kroenleinia grusonii e Agave bovicornuta. © Foto Ken Hayden

Il giardino ha una ricchezza botanica, visiva ed emotiva: ovunque si trovi, il visitatore è connesso con la natura, che può contemplare con tranquillità, lontano dalla frenesia della vita quotidiana. Jim Burnett ha usato geometrie raffinate ed elegante semplicità con maestria per conseguire un effetto lussureggiante con piante tipiche dei luoghi aridi e celebrare l’unione tra paesaggio e architettura. Il complesso Sunnylands Center & Gardens è in sintonia con il luogo e con lo spirito della Fondazione Annenberg. sunnylands.org

Elisabetta Pozzetti

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