Dialoghi di Paolo Delle Monache è una mostra dello scultore romano, visitabile, sin quasi a fine giugno, a Monte Vidon Corrado, in provincia di Fermo, nelle Marche.
Gli esordi di Paolo Delle Monache
Delle Monache, classe 1969, è nato a Roma e ha iniziato il suo percorso di artista scultore, studiando all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Si è diplomato nel 1992 con il maestro Franco Mauro Franchi, e l’anno seguente ha vinto il Primo Premio di scultura H.C. Andersen a Roma. Tra il 2007 e il 2019, ha realizzato importanti opere d’arte, tra cui tre sculture in bronzo di grandi dimensioni, destinate al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
L’ascesa artistica di Paolo Delle Monache
Delle Monache ha partecipato a prestigiosi eventi in diverse città italiane. Due location vanno senz’altro citate: Milano, dove ha esposto, nel 2010, alla Fondazione Pomodoro, e Roma, dove, dal 27 marzo al 30 giugno 2013, ha partecipato alla mostra “Non-finito, infinito”, nelle aule delle Terme di Diocleziano.
La mostra “Non-finito, infinito”
Il titolo della mostra forniva una chiave di lettura per un’esposizione sul frammento e sui luoghi segnati da architetture iniziate ma non terminate. Una mostra sull’incompiuto quindi, sul cumulo di ‘non-finiti‘ che caratterizzano l’Italia. Indagando l’affioramento dal sottosuolo di antichi reperti e, sopra il suolo, di edifici mai completati.
I bronzi figurati della mostra “Non-finito, infinito”
Nel contesto di “Non-finito, infinito”, Delle Monache ha esposto una serie di bronzi figurati, sculture imponenti alle quali l’artista ha voluto attribuire un significato più articolato, come quello di “città interiori”.
Le superfici del metallo, ibridandosi in forti e scomposti segni plastici, generano immagini che si moltiplicano e si riflettono sullo sfondo in modo distorto e quasi scabroso; un caleidoscopio di ‘non- finiti, infiniti’ che tendono a rincorrersi.
La mostra voleva essere anche uno stimolo per lo studio e la valorizzazione del paesaggio, tutelato dall’articolo 9 della Costituzione. Per come lo intende Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte italiana, il paesaggio è lo specchio più fedele della società che lo genera e da cui può trarre forza.
La mostra Dialoghi di Paolo Delle Monache
Dieci anni dopo quell’evento, Delle Monache è il protagonista di un’esposizione presso il Centro Studi e la Casa Museo Osvaldo Licini, pittore e scrittore originario di Monte Vidon Corrado. La mostra, intitolata Dialoghi, è curata da Nunzio Giustozzi e Daniela Simoni e sarà accessibile dal 6 maggio al 25 giugno 2023.
Significato dei Dialoghi
Il titolo della mostra, Dialoghi di Paolo Delle Monache, rinvia al “dialogo con chi osserva, una chiave di lettura con cui instaurare un ponte con chi guarda”, citando le parole dello scultore.
In particolare, sono quattro i dialoghi con cui l’artista si confronta in questa esposizione.
Innanzitutto, il dialogo con lo spettatore, con chi completa ogni scultura con i suoi pensieri, con chi cerca e ritrova se stesso in quello che Delle Monache tenta di evocare con le sue forme.
Segue il dialogo con lo spazio fisico, il ‘setting’ che accoglie i lavori dell’artista. Il fine è quello di comporre un’interazione tra contenitore (il luogo) e contenuto (l’insieme delle opere). Da qui si genera un ulteriore dialogo tra le opere stesse: grandi volti a occhi aperti e chiusi.
Nel suo catalogo, Delle Monache cita anche il dialogo con gli artisti dai quali è stato influenzato, da Simone Martini a Giorgio De Chirico, passando per Palladio, a Osvaldo Lucini. Riferimenti del passato o del presente, spesso citati e mescolati nel corpus delle sue esposizioni.
I volti dei Dialoghi
La mostra Dialoghi di Paolo Delle Monache, in stile site-specific, espone sculture in terracotta di volti diafani, collocati nello spazio. I volti, alcuni solitari, altri aggregati, sembrano dormire o sognare, con le palpebre abbassate. Altri, a occhi aperti, mostrano uno sguardo malinconico e assorto. Altri ancora scrutano lo spettatore con un’espressione misteriosa e inquietante. I volti di Delle Monache sembrano avvolti da una polvere magica che trasmette allo spettatore un senso di incanto e tepore.
L’atmosfera dei Dialoghi
L’atmosfera che si respira è sospesa ed enigmatica, come se il visitatore camminasse in un luogo incantato intriso di una soave spiritualità.
Delle Monache ama quell’atmosfera, fatta di silenzio, stupore, meraviglia e fantasia. Ciò che però si impone alla percezione dello spettatore è la magia della contemplazione solitaria.
Solitudine e contemplazione nei Dialoghi
Contemplazione che si sposa con la solitudine, la ‘solitude’ inglese, da non confondersi con la loneliness. Solitudine intesa come condizione essenziale della contemplazione e la contemplazione come condizione essenziale dell’artista e dell’osservatore.
La solitudine che trasmettono i volti dell’artista rinvia a una solitudine interiore, dentro la folla (o follia?) della città. Come non pensare all’uomo metropolitano delineato dal sociologo tedesco George Simmel? Nel suo saggio, La metropoli e la vita dello spirito (1903), il sociologo esplorava già i limiti imposti dai ritmi della vita di città.
Limiti della vita metropolitana
Se da una parte essa concede molta libertà all’individuo, sul versante opposto anche un’eccessiva libertà comporta il rischio di accrescere un sentimento di solitudine. Simmel in proposito concepì la definizione di un atteggiamento “blasé“, cioè di indifferenza, distrazione e solitudine dell’uomo moderno.
Genesi creativa dei Dialoghi di Paolo Delle Monache
La genesi creativa di queste opere, come raccontato dall’artista, affonda le sue radici nel passato. Delle Monache fu suggestionato in particolare dall’impressione ricevuta da “grandi sassi vicini tra loro, disseminati in una faggeta“.
I sassi di Paolo Delle Monache hanno subito la medesima elaborazione interiore, sublimati in questi volti dall’aura enigmatica, malinconica, onirica, talvolta beffarda, consanguinei delle creature liciniane.
L’artista, attraverso i suoi volti, ha cercato così di evocare il dialogo muto tra i sassi che, anni prima, incontrò nella faggeta. Presenze apparentemente sparse che tendono a rafforzare se stesse e le altre con il loro costituirsi assieme, in un gruppo aggregato.
Questi volti contengono pensiero e memoria e invitano lo spettatore a riflettere su ciò che in questa epoca si sta perdendo: il farsi prossimi per gli altri, lo stare gli uni accanto agli altri, riscoprendo l’essenza dell’altruismo e della gentilezza.
Il ruolo della natura nei Dialoghi
La natura ha avuto il grande pregio di parlare all’inconscio dell’artista. D’altronde, per scoprire l’essenza delle cose occorre davvero entrare in contatto con le profondità dell’io. Qui vibrano inedite corrispondenze, ma permangono le analogie esteriori a mettere in relazione le proprie suggestioni con l’assoluto.
Con il senso di una natura amica, pronta a svelare i segreti a chi li vuole indagare, Delle Monache, attraverso i suoi volti, ha amplificato il sentimento di solitudine, che diventa tanto più intimo quanto più è grande l’orizzonte che ci troviamo davanti, in questo caso il cielo.
La sensibilità nelle sculture
Ciò che si respira alla Casa Museo di Osvaldo Lucini è un dialogo di senso, la relazione tra le sculture esposte e il modo in cui le stesse occupano lo spazio. L’artista, con sensibilità, rigore e rispetto, riempie la Casa Museo, con la forza e allo stesso tempo la delicatezza che solo la scultura può trasmettere.
Scultura come “forma di memoria, di lenta osservazione e di sedimentazione del proprio vissuto”, come affermato dall’artista, “Perché c’è un grande gusto nel fare forme, che poi occupano uno spazio (…) sono una presenza“.
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