Il gusto del giardino, della natura e della famiglia si assimila pian piano. Guido Piacenza ne racconta i passi con i segreti sull’arte di disporre le piante
La composizione del giardino di Pollone è quella abbastanza tipica dei giardini di villa del Biellese, con ampi tappeti erbosi, uno sul fronte sud della villa tenuto a “lawn” e l’altro più giù, più grande, più campagnolo, con un paio di sfalci all’anno. Il primo che sorprende, il secondo (spero di non passar per snob) più amato per la mia sincera biodiversità. Le erbe mangerecce, come il soffione in angoli freschi, la verzola e una scabiosa pelosetta per le minestre di maggio con il salame, poi fiori, farfalle e altri insetti, rare libellule posate su steli rinsecchiti e l’averla piccola che piomba su un ignaro maggiolino. La sera i grilli, la notte le lucciole e tanti ricordi. Entrambi circondati da viali grossi e vialetti.
Il primo impianto risale alla seconda metà del 1800, usando le piante esotiche del tempo che si trovano in tutti i giardini (il liriodendro o albero dei tulipani degli Stati Uniti, un faggio, la magnolia (M.yulan o denudata) alta e fiorita di bianco il primo aprile, il bagolaro o spacca sassi e l’ippocastano a fiori rossi. Ma sono soprattutto le conifere e sempreverdi che fanno i volumi (le tre specie di cedri, l’Abies nordmanniana del Caucaso, la Pseudotsuga douglasii, un pino nero piantato intorno al 1850 con 5 metri di circonferenza, una Cryptomeria japonica e un Abies pinsapo originario del centro della Spagna, magnolia grandiflora, ilex e masse di rododendri. Sparita gran parte di questa generazione rimpiazzai gli stessi volumi con una gran quantità di spoglianti più piccole, arbusti ed erbacee perenni, ma anche alcune sempreverdi come le mie camelie japonica preferite che appartengono al gruppo Higo, a fiori semplici con prominenti stami gialli, un Podocarpos nagi, un Loropetalum chinensis e la Mahonia lomariifolia. Se si desidera avere varietà di piante e fiori non si devono avere grandi alberi che creano grandi spazi ombrosi dove solo pochi fiori possono prosperare. Approfittando del terreno a reazione acida vi è una concentrazione di essenze acidofile come eriche e callune, le magnolie, la Cyrilla racemiflora che fiorisce in piena estate di bianco e d’autunno le foglie si colorano di cremisi prima di cadere e l’Embothrium coccineum (Chilean fire bush per gli inglesi) un piccolo albero sempreverde che fiorisce di rosso a fine maggio. In primavera si mettono a dimora circa un migliaio di piantine annuali nelle aiuole. Servono per portar colore in un giardino. Non amo troppo l’ordine e la pulizia ma neanche la trasandatezza. È come tutte le cose della vita, una questione di dosi.
ANTENNE
Vita a Pollone
Il mio giardino di Pollone è il mio giardino sin dall’infanzia. I discorsi tra mio padre e mia madre con o senza il giardiniere mi tornano alla mente.”Non capisco perché in Isvizzera delphinium e lupini debbano venire così bene, con quei colori così vivi”. “No, le dahlie non dobbiamo più prenderle da Mauser (Zurigo) ma da Hoffmann a Unterengstringen (hanno il gambo più forte per i mazzi)”. “Quest’anno per San Giuseppe il Jacksonii (Rhododendron jacksonii) non è ancora fiorito,quello di zia Livia lo è già, eppure la posizione è quasi la medesima”. E poi mio padre “va via dalle aiuole!”, correndo dietro al cane che come per giocare faceva un ampio giro sul prato. Poi arrivavo io con la bici e conseguenti righe sulla ghiaia. Una volta il mio fratello maggiore Carlo arrivò sotto al peristilio mentre i miei genitori se ne stavano lì seduti e disse: ”Quell’acero va tolto perché pian piano toglie la vista sulla pianura”. Mio padre e mia madre si guardarono. Le sorelle erano un po’ meno partecipi alla vita del giardino. Non me ne rendevo conto, ma stavo assimilando molto lentamente il gusto del giardino, della natura, della famiglia. Il mio interesse per le piante iniziò a 30 anni, prima le passioni erano lo sci e l’ornitologia
L’orto
Come non parlarne? Il mio è un orto tutto lungo un muro di 80 metri rivolto a sud. Consapevole del detto popolare che ”l’orto vuole l’uomo morto” per cercar di non morire evito quelle essenze che vanno troppo seguite come per esempio i pomodori (solo due piante innestate pagate a caro prezzo!) ma insalate, cavoli, ravanelli, zucchini, cardi, patate, fagiolini. Il sistema è biodinamico, non si vanga la terra, si diserba il minimo rimettendo il secco tra le piantine, poco concime naturale, si ‘ruotano’ le colture,si annaffia il minimo. Il meleto ha purtroppo problemi di insetti e funghi, calabroni e corvi. A me resta poco, ma ci sono anche loro (come dicevo, è una questione di dosi)
Il vivaio
In tempi passati ebbi un vivaio che si chiamava Mini-Arboretum, piante per amatori. Si trattava di qualche migliaio di varietà escluse quelle offerte dal vivaismo nazionale (Pistoia soprattutto). La mia conoscenza fu molto vasta e non mi fu difficile introdurre le piante più belle e nuove nel mio giardino.
Io lavoro gran parte del mio tempo in giardino e nell’orto/frutteto. Dopo anni di pratica gli attrezzi nel marsupio sono tre: un paio di forbici, un segaccio pieghevole e un trapiantatore lungo 30 centimetri e largo 2 dita, un paio di guanti leggeri e uno per rovi.
Un cappello, ma senza visiera altrimenti non si vedono i rami bassi e allora son…dolori. Su un gran foglio mi segno i lavori da fare man mano che mi vengono in mente. In capo alla riga in alcuni casi scrivo il mese in cui l’intervento andrebbe fatto, altre righe hanno una freccetta a lato che indica l’urgenza. Come si sa il giardino ha dei tempi abbastanza precisi da rispettare.