Eclettica e sognante, la casa di vacanza a Tangeri di Hervé Van der Straeten e Bruno Frisoni è un viaggio alla scoperta dell’ibridazione culturale e della sfera più intima dei suoi abitanti. Nella parte alta della vivace Medina di Tangeri sorge un’incantevole casa per vacanze, proprietà del designer francese Hervé Van der Straeten e dello stilista Bruno Frisoni.

L’area outdoor arredata con poltrone in acciaio inox intrecciato e il tabouret Capsule in alluminio di Hervé Van der Straeten. Foto di Cecil Mathieu e francois Halard.

Affascinato dalla magia della città costiera, ricca di storia e di diversità culturale, il duo creativo ha ristrutturato un’architettura che domina dall’alto la Medina, il porto e la baia, riconfigurando la disposizione interna e le finiture in base alle esigenze e ai gusti personali. Il risultato dell’operazione è una dimora eclettica e sognante, che fonde il patrimonio marocchino con le influenze occidentali, dando vita a un’accattivante fusione di stili dove passato e presente coesistono in perfetta armonia.

Come la città che la ospita, situata dove il mare incontra l’oceano, la villa diventa emblema di bellezza, diversità,  incontro e scambio interculturale. Qualcosa di percepibile già all’esterno, che si presenta come un volume bianco pulito che ricorda le architetture mediterranee, caratterizzato però da elementi tradizionali nordafricani. “Volevamo rispettare la natura dell’antica medina e l’aspetto originale delle sue case, con i bow window, gli aggetti in facciata tipici di questa zona.

Il soggiorno caratterizzato da colori tenui con tabouret Capsule in alluminio design Hervé Van der Straeten, arazzo di M. Lakhal acquistato a Tangeri e credenza laccata giallo limone degli anni 70 acquistata da Paul Smith a Londra. Foto di Cecil Mathieu e francois Halard.

È sempre interessante conoscere e utilizzare un linguaggio architettonico. L’architettura marocchina è, come la maggior parte dell’architettura islamica, molto raffinata, precisa ed elegante” racconta Hervé Van der Straeten. Pur mantenendo la struttura esterna e dettagli originari tra i quali la porta d’ingresso, il progetto ha ripensato completamente la villa. Sono state aperte ampie finestre che permettono alla luce del sole di illuminare gli interni durante tutto l’arco della giornata.

La pianta è stata liberata da superflue partizioni, privilegiando la dissoluzione dei confini tra interno ed esterno, attenuati da zone filtro che si aprono sui cortili, come per esempio un piccolo liwan, un ambiente aperto sulla sala da pranzo tipico delle case arabe, innesto di influenza siriana, e il bagno che diventa un hammam. Il piano terra è dedicato all’accoglienza e ai servizi; il primo ospita un soggiorno, la sala d’inverno e una camera da letto pensata come una suite; al secondo ci sono la stanza degli ospiti e un ambiente dedicato alle feste; il terzo ospita una terrazza con una vista straordinaria sulla Medina.

Le stanze hanno ognuna un carattere distinto, ma confluiscono l’una nell’altra senza soluzione di continuità. Visitare la casa è come compiere un viaggio alla scoperta di differenti culture e della sfera più intima dei due proprietari. Ogni singolo dettaglio è stato progettato: finestre, scale, pavimento irregolare con inserti in marmo, porte e addirittura pomelli. Una sfida interessante per il designer francese che ha cercato di tradurre il suo linguaggio espressivo di ibridazione, eleganza e raffinatezza, dagli oggetti all’architettura, passando per gli interni, in un’opera che si può considerare totale.

Due panche ispirate ai dipinti di Delacroix e lampade da parete Gong, in bronzo patinato cioccolato e ottone dorato martellato, design Hervé Van der Straeten. © Foto François Halard

“Le scelte sono sempre state in collaborazione con Bruno. Io mi sono occupato dell’architettura, del layout e dell’interior design; lui ha lavorato sui colori e sui tessuti, che sono tutti di Dedar. A entrambi piacciono i mobili di carattere, quindi l’idea era quella di avere una selezione di colori leggeri e freschi sullo sfondo, grigi chiari e blu chiari, eccetto una stanza dalle caratteristiche tipicamente marocchine con stucchi lavorati, piastrelle colorate, rivestimenti in legno intagliato”.

Tutti i pavimenti sono in marmo, “ispirati a quelli della Casa de Pilatos di Siviglia” prosegue Hervé Van der Straeten. Oggetti e mobili, la cui scelta sembra talvolta casuale, ma che danno invece vita a una narrazione precisa e molto curata, compongono un “album di esperienze di viaggio”. Un insieme di ricordi mediterranei. E anche un mix di architettura tipica marocchina e moderna.

Hervé Van der Straeten
Una vista della casa dall’esterno, con la terrazza aperta sulla Medina. Foto di Cecil Mathieu e francois Halard.

“Abbiamo allestito pezzi raccolti durante i nostri viaggi in Spagna e in Siria (ad Aleppo e Damasco per la parete in tessuto della camera degli ospiti e i cuscini della sala da pranzo), antichità spagnole e cinesi, oggetti trovati in Italia (come le ceramiche nere di Gubbio in ingresso) e naturalmente oggetti marocchini. L’aggiunta di mie opere e di pezzi degli anni 70 qua e là, conferisce una sensazione di freschezza e di sensualità all’ambiente”. Il nostro desiderio era quello di dare la sensazione di entrare in una casa tipica marocchina che si fosse trasformata nel corso degli anni”, spiegano i proprietari. vanderstraeten.fr

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