In occasione della Milano Design Week, Eni ha presentato all’Orto Botanico di Brera, un percorso dedicato ai temi cardine delle economie circolari.

Nato dalla collaborazione con lo chef Niko Romito e realizzata su progetto di CRA – Carlo Ratti Associati e Italo Rota (1953-2024) che hanno disegnato un’installazione di grande visione, “sunRICE – la ricetta della felicità” è un percorso esperienziale dedicato ai temi cardine delle economie trasformative, del benessere e della salute, delle competenze e della formazione. Al centro di questo progetto, presentato da Eni nella cornice della Mostra Evento Interni Cross Vision, il riso, in quanto cereale presente nelle tradizioni gastronomiche di tutto il mondo ed esempio di una possibile gestione virtuosa e sostenibile delle risorse alimentari. L’installazione infatti ha rappresentato un esempio di un ciclo completo di economia circolare grazie al riutilizzo degli scarti del riso. Fondamentale in questo senso, il contributo della startup Ricehouse – premiata da Joule, la scuola di Eni per l’impresa – che ha ideato una soluzione tecnologica per la lavorazione degli scarti del riso che si trasformano nel materiale edile nell’installazione. Ciò riflette l’importanza che per Eni rivestono l’imprenditorialità innovativa e sostenibile, lo sviluppo delle competenze a supporto del processo di decarbonizzazione e il tema dell’economia circolare, una leva imprescindibile del percorso di transizione energetica. Niko Romito ha interpretato l’idea di creatività utile realizzando un biscotto salato per i visitatori. Il prodotto, studiato ad hoc per il progetto, dialoga con l’ambiente che ospita il percorso, da cui Romito attinge alcune materie prime erbacee oltre il riso, e diventa parte tangibile e edibile dell’esperienza, contribuendo a promuovere ed esaltare i valori chiave dell’iniziativa. Villegiardini ha intervistato Carlo Ratti, Niko Romito e Tiziana Monterisi di Ricehouse che hanno raccontato questo importante progetto.

Intevista a Carlo Ratti, architetto e professore, recentemente nominato curatore della 19. Mostra Internazionale di Architettura de La Biennale di Venezia:

Quali richieste ha ricevuto da Eni in fase preliminare e come ha deciso di svilupparle?

Eni lavora da tempo con lo chef Niko Romito: l’obiettivo dell’installazione era quello di ampliare il dialogo e il collegamento con il mondo del design. Ci siamo domandati: in quanti modi si può usare il riso? Ecco allora che il progetto ha trasformato l’Orto Botanico di Brera in un cammino immersivo capace di esplorare i molteplici utilizzi del riso: da cibo a materiale per costruzione passando per il riutilizzo per la salute del terreno.

Quali difficoltà ha comportato e quali opportunità ha garantito l’affrontare un tema come quello delle economie trasformative?

Oggi l’architettura e il design devono spingere in modo sempre più forte verso un utilizzo innovativo dei materiali in un’ottica di circolarità. Il riso è l’alimento più consumato al mondo e che proprio per questo ha un significato culturale così ampio e profondo. Mentre esploriamo modi alternativi per nutrire la crescente popolazione del pianeta, dobbiamo anche cercare i modi in cui possiamo utilizzare questi materiali per un’edilizia più rispettosa per l’ambiente.

Come immagina il futuro di questi nuovi materiali in architettura?

Sperimentare è importante. Negli ultimi anni lo abbiamo fatto con materiali di varia origine organica – dalle bucce di arancia alla radice del fungo fino agli scarti di caffè. Il riso aggiunge un ulteriore tassello. C’è ancora molta ricerca da fare, ma anche grande potenziale creativo. L’opera che abbiamo presentato all’Orto Botanico era composta da architetture spaziali ispirate alle strutture metaboliche di Yona Friedman, che possono crescere nella natura e trasformarsi per accogliere nuove funzioni.

Qual è stata la sua maggiore soddisfazione nella realizzazione di questo progetto?

sunRICE è stato l’ultimo progetto fatto insieme a Italo Rota, grande amico purtroppo scomparso poche settimane fa. Era un vero innovatore, capace di farsi domande nuove e affrontare i problemi in modo laterale. Uno dei suoi principi guida non era solo sperimentare sui materiali, ma anche realizzare un gesto poetico. Ad esempio mettendo in mostra una piantina di riso. Non tutti sanno com’è fatta: noi l’abbiamo collocata all’ingresso dell’Orto. Ed è anche questo un modo per unire il mondo naturale e il mondo artificiale. 

Intevista a Niko Romito, chef:

Eni

Come è nata la collaborazione con Eni per il progetto sunRICE?

La collaborazione con Eni nasce ufficialmente lo scorso anno ed è, prima ancora che un accordo sullo sviluppo di un progetto, una condivisione di intenti e valori come la ricerca, le persone e soprattutto la formazione.

Quali sono state le richieste e come le ha interpretate?

Il progetto sunRICE è stato dal principio una occasione di scambio e di confronto con tutti gli attori coinvolti. Ogni step ci ha visti condividere idee e soluzioni funzionali al concept iniziale che parlava un linguaggio a me caro in cucina e nella vita, quello della creatività utile, della trasformazione della materia prima, della sua lavorazione per realizzare un cibo buono, sano, che rende felici perché fa anche bene. A partire in questo caso dall’utilizzo del riso come ingrediente di progettazione dell’installazione, l’ho declinato in un prodotto edibile. Un biscotto salato senza grassi animali, 100% vegetale e naturale, che dialoga con il progetto architettonico perché contiene il riso tra i suoi ingredienti e con l’Orto Botanico che ha ospitato l’installazione.

Come mai ha scelto un biscotto salato?

L’idea nasce dall’esigenza di trovare una soluzione creativa a una indicazione progettuale. Avere nell’installazione una parte edibile che fosse coerente con il concept e contestualizzata nell’ambiente circostante. La creatività per me non è mai un esercizio stilistico a briglie sciolte. Concepisco la creazione di un piatto e di un prodotto con lo stesso approccio che ha il design alle cose, agli oggetti. Risolvere un problema, coniugare l’aspetto pratico, razionale, funzionale, anche estetico, alla mia personale visione gastronomica del cibo. La bellezza del gusto, in sintesi.

In che modo l’alta cucina può interpretare il tema della circolarità delle risorse alimentari?

La cucina è uno strumento aperto che segue la realtà in trasformazione e cambia con essa. È ricerca personale e professionale, concretezza e semplicità senza sovrastrutture retoriche. Un piatto per essere perfetto dev’essere buono, deve essere equilibrato ma soprattutto dev’essere salutare. La correlazione tra cibo e salute oggi è un fatto acquisito, imprescindibile. Un cuoco non deve solo saper far bene da mangiare, ma deve far mangiare bene. Credo anche che, sempre di più, il cibo sia ambasciatore dell’ecosistema da cui proviene; non solo il territorio agricolo ma anche il contesto culturale, le abitudini di preparazione e consumo degli alimenti che sono diverse da paese a paese, da famiglia a famiglia, e che contribuiscono a creare la nostra identità.

Intervista a Tiziana Monterisi, architetto e cofondatrice di Ricehouse:

Come è nata la vostra collaborazione con Eni e ancora prima con la scuola d’impresa Joule?

Nel 2020 è inizita la collaborazione con Eni Joule, che ci ha selezionati come protagonisti della docuserie per la scuola di impresa “the Rising star hotel”. Poi nel 2022 siamo stati  premiati con l’Eni Award, il riconoscimento per le innovazioni più efficaci e le ricerche più significative per il settore dell’energia, che ci è stato consegnato al Quirinale dal Presidente della Repubblica Mattarella.

Per quanto riguarda il progetto sunRICE, quali richieste avete ricevuto e come le avete sviluppate?

Eni ha lanciato il progetto sunRICE che aveva come focus il riso come risorsa circolare. La necessità era quella di utilizzare un materiale, coerente con il tema, per realizzare le forme monolitiche dell’installazione di Italo Rota e Carlo Ratti.  Avevamo già prototizzato RH Geo, a base di lolla di riso derivante dagli scarti di lavorazione, macinata con un legante geopolimerico, ignifugo e strutturale. Abbiamo così realizzato tutti i pezzi che sono stati disegnati dai progettisti.

Si è trattato quindi di una opportunità di ricerca e sviluppo

Sì è stata un’opportunità di ricerca che oggi ci permette di realizzare prodotti specifici su disegno e non solo uno stampo uguale per tutti i prodotti.

Come è nata l’idea di utilizzare gli scarti del riso per realizzare un nuovo materiale da costruzione e quali sono le sue caratteristiche?

L’idea è nata quando, assieme ad Alessio, il cofondatore, ci siamo trasferiti a Biella. Abbiamo imparato a conoscere e ammirare quelle vaste risaie che sono un paesaggio straordinario. Abbiamo quindi scoperto che, quando viene raccolto il riso, tutto quello che resta nel campo viene letteralmente bruciato. Da architetti, abbiamo iniziato a chiederci se potesse avere senso riutilizzarlo per smaltire questi scarti in maniera più virtuosa. Quello che viene bruciato sono la paglia e la lolla di riso, la membrana esterna del chicco. Invece di vedere uno scarto, abbiamo intravisto una risorsa straordinaria per ottenere una materia prima che poteva finalmente realizzare il mio sogno di costruire una casa sana e completamente naturale, realizzata con materiali italiani e a impatto zero. Abbiamo quindi iniziato a studiare come usare tutti gli scarti della coltivazione del riso per trasformarli in materiale da costruzione. Il risultato del nostro lavoro di ricerca è un materiale carbon neutral perché funziona come uno stoccaggio di CO2 che non viene immessa nell’atmosfera. Invece di bruciare gli scarti del riso, li lavoriamo per realizzare mattoni, materiali  isolanti, pavimenti ed elementi strutturali completamente naturali che, una volta dismessi, possono tornare nel campo di riso perchè completamente biodegradabili, come di fatto è successo per l’installazione sunRICE. eni.com

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